Festival della Fotografia Etica 2017 a Lodi: quando la fotografia parla alle coscienze

Le prime volte non sai mai bene cosa aspettarti. Grazie al gruppo mantovano di Frammenti di Fotografia  sono andata a Lodi a vedere il Festival della Fotografia Etica 2017, in punta di piedi, da curiosa, da amatore, da chi senza particolari competenze tecniche riconosce però alla fotografia di essere un potente mezzo per l’arte, per l’espressività, per arrivare diretta alla sostanza nonostante il filtro dell’immagine. L’obiettivo dichiarato sulla carta dagli organizzatori è di voler “creare un circuito virtuoso in grado di permettere alla fotografia di arrivare al pubblico e parlare alle coscienze. Si tratta di 34 mostre, 20 i fotografi da tutto il mondo che intervengono direttamente al festival e oltre 50 incontri.

La mostra è dislocata in varie location della cittadina: chiese, spazi espositivi storici ed ex-novo, saloni affrescati e ambienti affacciati su cortili interni. Colpisce il silenzio. L’assenza di rumore introduce i temi affrontati e la drammaticità delle immagini. Immagini di guerra, di violenza, di degrado, di malattia e sopravvivenza. Racconti visivi spesso di diritti negati e violati. Reportage di denuncia sociale, dove quell’informazione che spesso ci era arrivata attraverso le parole di un giornale o magari non conoscevamo affatto, emerge attraverso la fotografia e racconta diretta come un pugno allo stomaco realtà dimenticate e contesti lontani, ai margini, destinati a rimanere nell’ombra.

L’immagine ti catapulta dentro quelle realtà. Le immagini feriscono, spesso prevale il Bianco e Nero, i colori lividi e cupi, ma un conto è leggerle su un giornale o sentirle velocemente a un tg, un conto è entrarci dentro e vedere le immagini di come ciò avviene,  la foto di una madre che piange sulla tomba dei figli, lo scoppio del colera ad Haiti, le azioni antidroga nei quartieri dimenticati di Manila, i voli della morte della giunta militare argentina, gli HeroRats per sminare i campi cambogiani, la vita dei guerriglieri delle Farc colombiane, i migranti lungo la rotta balcanica, la passione per il calcio dei ragazzi algerini, e sono solo alcune delle tantissime storie del mondo raccontate qui a Lodi.

Uno come Giancarlo Ceraudo, fotografo e documentarista originario di Roma, ad esempio, ha vissuto parte della sua vita in America Latina e lì continua sempre a tornare, rapito dalla sua bellezza e dai suoi misteri. Ha raccontato i cambiamenti e gli eventi che hanno investito quel continente e con un lavoro in particolare, “Destino Final”, durato dieci anni, andando nei luoghi della dittatura in Argentina con la giornalista Miriam Lewin, sopravvissuta ai campi di concentramento, e dando inizio ad una vera e propria inchiesta giudiziaria di rilevanza internazionale che ha permesso il recupero di tre dei cosiddetti “aerei della morte”, usati per gettare in mare i corpi narcotizzati dei desaparecidos.

E mi ha colpito ascoltare il fotografo danese Mads Nissen che, davanti a ogni foto della sua mostra Over Fear  Colombia’s Struggle For Peace – il lento processo dell’accordo di pace tra il governo colombiano e il movimento di guerriglia delle FARC dopo più di 50 anni di guerra civile – ha spiegato la comprensione profonda della realtà che c’è dietro ogni scatto, che sia il volto del presidente colombiano o dell’ultimo contadino perché il suo scopo non è certo la verità, ma l’empatia con chi hai di fronte, chiunque egli sia, chiunque abbia una storia da raccontare. Una fotografia mai fine a sé stessa. Mi ha colpito la sua umanità, perché indubbiamente ci vuole coraggio, non solo per fotografare la guerra o andare in Colombia tra i campi di coca, ma anche per guardare dritti in faccia certe realtà e saperne cogliere e trasmettere le dinamiche.

Ci sono cose che devono semplicemente essere viste

(Collettivo fotografico Noor)

File di quattro ore per acquistare due chili di farina, scarsità di beni di prima necessità e medicinali, acqua corrente per sei ore al giorno e blackout per più di dieci, tonnellate di cocaina intercettate su voli internazionali, milioni di armi illegali in mano ai civili, tonnellate di oro estratte e vendute illegalmente ogni anno. E l’inflazione più elevata al mondo”. È così che il fotografo Oscar Castillo descrive la situazione attuale in Venezuela, che sta attraversando uno dei periodi più duri nella storia del paese. “Sembra che questo non sia il paese prospero che abbiamo sognato”.

E poi nello spazio ONG del Festival il “Water Grabbing, a story of water”, gli effetti dell’ ”accaparramento dell’acqua”, che condanna alla carestia comunità locali o intere nazioni come la Palestina e l’Etiopia: famiglie cacciate dai loro villaggi per fare spazio a dighe, privatizzazione delle fonti idriche, inquinamento dell’acqua per scopi industriali che portano beneficio a pochi e danneggiano gli ecosistemi, controllo delle fonti idriche da parte di forze militari per limitare lo sviluppo di popolazioni.

©-Fausto-Podavini-Festival-della-Fotografia Etica 2017

Non è una mostra di fotografia comune quella in corso a Lodi fino al 29 ottobre. È un crocevia di fotografia, comunicazione ed etica che vuole raccontare il mondo. E chiunque ami guardarsi intorno, al di là dell’interesse fotografico puro,  non dovrebbe perdere questa occasione.

Consigli utili

Qui trovate il link ufficiale del Festival di Fotografia Etica , quest’anno è alla sua ottava edizione e avete tempo fino al 29 Ottobre per vederlo.

La biglietteria si trova presso lo Spazio Comune in piazza Broletto ed è aperta dalle ore 9.30 alle 20.00 solo nei giorni di sabato e domenica. E’ possibile effettuare il pagamento unicamente in contanti.

Alle biglietterie, dopo il pagamento, verrà fornito un braccialetto di identificazione che da diritto all’accesso senza limiti alle mostre e a tutti gli incontri per tutta la durata del Festival.

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