Una donna occidentale in Arabia Saudita

Questa volta Alla ricerca di Shambala cerca di aprire una finestra su una realtà completamente diversa, un paese a cui approcciarsi con rispetto e un pizzico di attenzione e informazione in più. Oggi ospitiamo Diana che nel 2011 ha scelto un radicale cambio di vita. Milanese, con un importante ruolo nel Financial Department di un’azienda italiana, chiude volutamente la sua carriera professionale e decide di raggiungere il marito. Per fare da due anni la expat wife in Arabia Saudita. Si, si, avete capito bene 😀 Va a vivere in un compound per stranieri, accetta le regole saudite che prevedono per una donna di non votare, non guidare, di lavorare solo se concesso dalle famiglie, di indossare una abaya, cioè una lunga tunica nera… ma non voglio anticiparvi troppo, lascio la parola a lei che ci spiegherà meglio questa sua nuova dimensione di vita.

Cominciamo dal generale per scendere, come una sorta di imbuto, nel particolare cercando di capire per quanto possibile questo suo sentiero che l’ha portata in Arabia Saudita:

Non dite: ‘Ho trovato il sentiero dell’anima’. Dite invece: ‘Ho trovato l’anima che avanza sul mio sentiero’. L’anima non cammina su di una linea, e nemmeno cresce come una canna. L’anima si apre come il fiore di loto dagli innumerevoli petali.
(Kahil Gibran, “Il Profeta – e sabbia e schiuma”)

Mada'in Saleh - elephant rock

1.       Partiamo dalla domanda più scontata ma necessaria per capire un po’ di te: puoi spiegare brevemente come era impostata la tua vita milanese di prima e quale è stata la molla che ti ha fatto decidere per il cambiamento?

Ho dedicato tanto tempo della mia vita al mio lavoro, che mi ha dato anche molte soddisfazioni, ma poi nella vita certe cose accadono. Diciamo che la mia vita personale era difficilmente conciliabile con la vita a Milano: il mio compagno (poi diventato mio marito) lavorava in Arabia Saudita e per anni ci siamo destreggiati tra Milano e gli aeroporti di mezzo mondo. Appena abbiamo potuto, abbiamo ricongiunto le nostre quotidianita’ in Arabia! La scelta di lasciare un buon lavoro, ben retribuito, e’ stata comunque facile: l’importanza della sfera personale ha prevalso e nonostante il mio lavoro mi piacesse, ma le condizioni lavorative in Italia e soprattutto per le donne, non compensavano adeguatamente l’impegno dato. Certo sto parlando di fine 2010/inizio 2011, quando la crisi in atto non aveva ancora raggiunto il culmine. E’ stato forse piu’ difficile da capire per le persone che avevo attorno, che rimanevano attonite al solo pensiero che avrei perso la mia indipendenza economica, ma anche questo e’ un retaggio culturale che ho superato!

 2.       Approdata in Arabia Saudita immagino i primi tempi tu abbia dovuto metabolizzare la nuova realtà, raccontaci le nuove regole a cui ti sei piano piano abituata e soprattutto le tue reazioni.

Conoscevo gia’ bene il Medio Oriente e sapevo dai racconti come l’Arabia Saudita fosse un posto diverso e ancora piu’ difficile. L’adattamento a questa nuova realta’ ha richiesto due atteggiamenti: curiosita’ delle cose nuove e rispetto, in alcuni casi anche solo per mera convenienza, delle regole locali. La cultura di questo paese e’ tra le piu’ chiuse e conservatrici al mondo e la condizione della donna e’ quella che piu’ ne risente. La vita di una donna occidentale e’ molto diversa da quella di una saudita: gli ambienti dove viviamo sono segregati e questo ci permette di vivere secondo standard piu’ vicini a quelli a cui siamo abituate in occidente. Al di fuori pero’ dei compound, siamo obbligate ad alcuni comportamenti e regole comuni: noi donne dobbiamo obbligatoriamente indossare un’abaya (che e’ un lungo tunicone nero che copre fino ai piedi e ai polsi) mentre non dobbiamo coprire la testa e nessuna donna e’ autorizzata a guidare.

 3.       Raccontaci le sorprese positive che hai avuto modo di scoprire in questa terra e i lati invece difficili da digerire per una donna occidentale indipendente come te.

Ero preparata e avendo anche viaggiato molto, sapevo gia’ quanto sia importante proporsi con curiosita’ e spirito di adattamento, cercando di trarre sempre il meglio da quello che vedo e vivo. Col tempo ho capito che, senza dover rinunciare al proprio modo di essere donna di cultura occidentale, ci sono alcuni aspetti della condizione femminile qui che possono essere sfruttati a proprio vantaggio. La segregazione di genere e’ la chiave che muove qualsiasi decisione e regola della vita in luoghi pubblici: cio’ significa che ci sono negozi il cui accesso e’ vietato ai maschi singoli, cosi’ come quelli riservati alle signore, in alcuni luoghi (es.caffe’) le file alle casse sono separate tra donne/famiglie e maschi singoli. Tutto questo puo’ anche rivelarsi un vantaggio e una comodita’ nella vita di tutti i giorni.

Saudi deserto 1 (1)

 4.       Come sta evolvendo secondo te la posizione delle donne? Immagino siano la più grande forza di cambiamento dell’Arabia Saudita, con i loro problemi, il loro lavoro e i loro pensieri.

La pressione sociale con la sua cultura in questo paese e’ fortissima e per quello che vedo io, non ci sono forze che abbiano l’intenzione di promuovere dei cambiamenti. Da quando sono qui ho visto cambiamenti epocali riguardo la condizione delle donne, ma stiamo ancora parlando di cose che nella nostra societa’ consideriamo basiche. Per esempio, ora il lavoro femminile e’ incentivato e i negozi di biancheria intima devono obbligatoriamente impiegare donne, cosi’ come altri negozi che vendono esclusivamente oggetti per donne. Oggi non lavorano piu’ solo in ambito sanitario o scolastico, ma le vedi anche come cassiere al supermercato. Tutto cio’ pero’ e’ ancora possibile solo se il suo “guardiano” (cosi’ si chiama il tutore di una donna) padre o marito o fratello, acconsente a che la donna lavori (cosi’ come e’ necessario il permesso del guardiano per aprire un conto in banca, per poter viaggiare, per poter ottenere il passaporto…).

 5.       In questi due anni hai avuto modo di viaggiare all’interno del paese? Che Arabia Saudita hai avuto modo di vedere…raccontaci le bellezze naturali, la storia, gli incontri, e soprattutto smontaci i pregiudizi solitamente associati ai paesi arabi.

Abbiamo visitato alcuni importanti luoghi dell’Arabia Saudita, anche se non senza qualche difficolta’, soprattutto legate al fattore sicurezza in un paese che non concedendo visti turistici non e’ abituato ad avere turisti. Abbiamo comunque sempre ricevuto una calorosa accoglienza, soprattutto legata al fatto che siamo italiani! Il paese e’ enorme e prevalentemente costituito da deserto, ma tra i pochi posti degni di nota c’e’ la meravigliosa Mada’in Saleh: la citta’ gemella di Petra in Giordania. Entrambe le citta’ sono state costruite dai Nabatei ed infatti le tombe sono pressoche’ identiche nei due siti. La bellezza di Mada’in Saleh e’ anche dovuta al fatto che se a Petra entrano migliaia di turisti ogni giorno, nella gemella saudita abbiamo incontrato altre 5 persone il giorno che l’abbiamo visitata noi! Sarebbe poi bellissimo visitare Mecca, ma la citta’ e’ vietata ai non-musulmani.

 6.       Raccontaci un po’ di usi e tradizioni locali, se hai modo di rapportarti alle donne locali e in quali contesti, il rapporto che hai con l’aspetto più rigido e religioso del paese.  

Questa e’ la cosa che piu’ mi dispiace: non avere frequenti occasioni di incontro con le donne locali. C’e’ una forte segregazione tra i sauditi e gli expat occidentali e le rare occasioni sociali riguardano solo ed esclusivamente gli uomini. Sono molti i motivi ma principalmente e’ che la contaminazione culturale non e’ ben vista. Riguardo l’aspetto piu’ rigido e religioso del paese, succede nella quotidianita’ di incontrare la polizia religiosa (i “mutawa”) che chiedono a noi occidentali di coprire la testa, anche se non e’ ufficialmente obbligatorio: ogni situazione e’ diversa cosi’ come la nostra reazione, quello che di solito faccio io e’ far finta di non capire e andare per la mia strada, ma non sono mai situazioni simpatiche.

Mada'in Saleh tombe

 7.       Il tuo blog Camelcrossingksa parla nei dettagli della tua vita da expat ed è una vera finestra sulle diversità di questo paese.  Come è nata l’idea di aprirlo, che obiettivi ti sei posta, mi sono sempre chiesta se rispetto alla rete e ai social network hai anche delle limitazioni nel pubblicare post.

Ho iniziato a scrivere il blog soprattutto per conservare le mie impressioni riguardo le cose che man mano vedevo e scoprivo: quando il tempo passa, anche le cose che per un occidentale sembrano piu’ assurde, stando qui diventano quotidianita’! Tutte le comunicazioni sono controllate qui e la liberta’ di espressione non e’ un diritto. E’ sempre opportuno stare attenti a cio’ che si scrive, ma diciamo che il mio intento e’ piu’ di mettere un sorriso su quelle cose che consideriamo stranezze piuttosto che la critica delle stesse. Perche’ e’ vero che io qui ci vivo ma in fondo certe cose non mi riguardano davvero.

 8.       A distanza di due anni, sei felice della scelta che hai fatto? Come ti sei reinventata nel compound e fuori?

Sono felicissima e speriamo di poter stare qui ancora a lungo! Le persone che mi conoscono avevano forti dubbi nella mia capacita’ di “non fare niente”, ma il non avere un lavoro (e non cercarlo) non significa non fare niente, anzi! Le mie giornate sono dedicate alla mia famiglia, ai miei hobbies e alle cose che ho sempre voluto fare ma che non avevo il tempo per fare! Poi tra expat c’e’ una vivace vita sociale e molte iniziative che ci tengono ben occupate!

 9.         Cosa ti ha insegnato questa esperienza di vita all’estero e userai questo insegnamento in prospettiva futura? A proposito, e il futuro?

In Arabia Saudita non e’ possibile risiedere se non si ha uno sponsor di lavoro, quindi tutti sanno che prima o poi da qui se ne vanno. Noi vorremmo stare qui ancora per molto tempo, ma si sa che nella vita puo’ succeder qualsiasi cosa! Difficilmente pero’ torneremo in Italia: purtroppo nonostante sia un bellissimo paese, ci sono troppe cose che non funzionano e visto da lontano e’ ancora meno allettante! Ogni volta che torno a Milano sono contenta perche’ vedo cose belle e mangio buon cibo, ma quando torno in Medio Oriente mi sento a casa.

 10.    Il senso di un cambiamento come il tuo. Usando pochissime parole…

Non avere paura del cambiamento che, se affrontato con curiosita’ e rispetto, non puo’ che aggiungere qualcosa di bello alla tua vita.

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Grazie mille come sempre al mio gancio di fiducia Gamberettarossa, grazie mille a Diana per questa intervista, e un consiglio spassionato… fate un salto a leggere il suo blog Camelcrossingksa, davvero originale e diverso dal solito :-), e soprattutto vissuto sulla propria pelle come piace a me.

1 Commento

  1. E leggete tutti il post sui falsi cibi italiani con tanto di foto etichette e descrizioni quanto meno fantasiose. Che bella storia, anche se io, gamberettarossa, un po’ la conoscevo già. Leyla saida alle mie amichette, Ora condivido tutto xxxx

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