Marocco: Marrakech, ombelico del mondo

L’hai immaginata, aspettata, voluta. E quando hai potuto prenotare un volo, non hai avuto nessun dubbio. Destinazione Marocco, Marrakech. Anche per poco, un solo long week-end (4gg-3notti), ma si sa, chi si accontenta  gode :-). Per poi scoprire che non avresti resistito un solo giorno di più … ma andiamo con ordine.

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Scordatevi la piantina, la guida, la mappa e preparate i cinque sensi ad essere travolti. Certo una mezza idea ce l’avevo eccome, ma non mi aspettavo un “buco nero”, dove tutto accade, tutto c’è, dove il ritmo è sopra le righe, dove le tue energie vengono risucchiate fino a spremerti come un limone. E’ un gran casino questa città, la sua medina tutta vicoli e sporcizia, tutta la merce del mondo sembra essersi data appuntamento qui, tutta la gente sembra muoversi giorno e notte senza sosta, tutti corrono, tutti si avvicinano, tutti chiamano, tutti “solo vedere, no comprare”, tutte le stranezze, colori, odori, caos senza filtri.

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Ha un non so che di primordiale questo angolo di mondo.

All’improvviso tu occidentale abituato alla tua auto, ai tuoi sensi di marcia, ai tuoi parcheggi, ai tuoi spazi, al tuo ordine fisico e mentale, sei tra muli sferzati di continuo, tra motorini rumorosi che fanno zig-zag tra i passanti, tra carretti carichi, biciclette scassate, mercanzie appese o per terra di ogni gamma e colore, il sapore dei ceci e delle olive, l’odore degli incensi e del legno di sandalo, i saponi profumati all’ambra e al muschio bianco. Sei tra gatti di strada, spremitori di agrumi, la carne ammucchiata su una lastra e lasciata lì al sole, un barbiere improvvisato dentro a quello che tu puoi solo definire un anfratto. Piccoli artigiani che producono meraviglie, tappeti arrotolati, legni di cedro, lanterne che sembrano forgiate da mani di fata, le piramidi colorate di spezie, un sarto intento a cucire un vestito, un vecchio che dorme sotto il sole, nella Medina puoi vedere mille volti, mille oggetti, ascoltare mille storie.

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E molto altro, perché le parole non sono mai sufficienti. Soprattutto per Marrakech.

All’inizio sei un po’ rigido, un po’ schizzinoso, magari anche un po’ impaurito per tua figlia di 6 anni ad ogni motorino o mulo di passaggio a 10 cm da lei. E la domanda sorge spontanea: “ma dove corre questa città?” è impossibile non esserne contagiati, si entra in un flusso di energia a cui non puoi opporti, ti porta con sé, come quei percorsi nelle piscine dove la corrente è forzata e puoi solo lasciarti andare, andareee, andareeeeee. Così la giornata scorre tra un souq e l’altro, tra continui tè alla menta che sono il preliminare alla contrattazione. E uno sfiancante gioco di tira e molla a cui non puoi sottrarti.

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Tutti cercheranno di venderti qualcosa, ti rincorrono, ti cercano, vogliono contrattare, basta solo che il tuo sguardo si fermi per un attimo su di un oggetto esposto. Basta un cenno, un dito puntato, un sorriso, un “ohhhh” e sei fritto. Non te li scollerai più. Simpatia, ostinazione e insistenza le loro armi. E dopo due orette, dopo le prime fregature, al terzo che gentilmente ti vuole indicare la strada e poi ti chiede la mancia, al secondo che vuole dirham per farsi fare una foto…capito l’andazzo ti arrangi, ti perdi, non guardi più (o fai finta), e contratti di brutto solo se sei realmente interessato a qualcosa. E inizi a divertirti come un matto!

Ora che sei un minimo temprato, puoi sopravvivere alle meraviglie di Marrakech. Che sono tantissime. Provo a raccontarvene alcune:

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La prima è l’accoglienza

Intendo quella dei Riad, ce ne sono centinaia, uno più caratteristico dell’altro, sono piccole fortezze all’interno della Medina con una corte centrale scoperta, attorno tre piani d’abitazione, nessuna finestra sull’esterno, ma solo dentro. Una volta aperta la porta, la confusione lascia il posto a una pace assoluta, lanterne e lume di candela, acqua che scorre, cura dei dettagli. La frenesia della medina contro oasi di tranquillità.

La seconda è l’energia di Djeema El-Fna

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Tutti i vicoli e le stradine arrivano qui, in questo teatro all’aperto dove troverete chiromanti, incantatori di serpenti, ammaestratori di scimmie, venditori d’acqua e di ogni altro genere, carretti carichi di agrumi, tatuatrici coll’hennè, piccoli chioschi che al calar del sole si danno appuntamento qui per mangiare piatti tipici a prezzi stracciati, tra un tajine stufato di agnello e uno di manzo o pollo preparato nelle tradizionali pentole coniche di coccio. Ognuno con la sua direzione, il suo caos, e intorno ristoranti con terrazze da cui puoi goderti il brulichio.

Djeem El-Fna è una creatura dotata di vita propria, stracolma di umanità e animalità, dove puoi entrare a far parte dello spettacolo, assaggiare una spremuta di arancia dolcissima, prendere il coraggio e sederti a mangiare alle bancarelle, far due chiacchere coi cuochi tra i fumi delle griglie, curiosare tra i gruppi di marocchini che la sera alla luce delle lanterne ascoltano la musica degli artisti di strada. Forse troppo di tutto, troppo turistica, troppo incasinata, troppo incessante. Eppure bellissima.

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La terza è l’esperienza del Souq

ogni souq è un concentrato di vita, ogni angolo può farti desiderare, amare, arrabbiare, ridere, voler acquistare, voler fuggire, correre, implorare silenzio, chiedere di sentirti parte di loro per non essere visto come il “white chicken” di turno (i turisti li chiamano così tra di loro) ma dove poter realmente comprare bene, mangiar bene, lasciarsi raccontare e capire qualcosa di più del Marocco. I souq non come macchine da turismo (in effetti il dubbio che lo siano viene!), ma dove vedere cose che da noi sono impossibili ormai da vedere. C’è quello dei fabbri dove destreggiarsi tra le scintille, degli strumenti a corda, delle anfore, quello incredibile dei tintori dove lavorano i berberi immersi nelle vasche di colore a cielo aperto, quello delle babbucce dove non crederete alla milionesima babbuccia colorata, o il souq del cuoio dove in microscopici laboratori con rudimentali attrezzi gli artigiani creano.

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No, uscire senza niente è matematicamente impossibile. E’ così che il primo giorno ci ritroviamo alla sera con un tappeto, tre cuscinoni etnici da esterno, un olio di fico per la psoriasi, vari sacchettini di foglie, tre saponi, due legni di sandalo, e abbiamo rischiato di portare a casa pure un piccolo camaleontino di cui la nanetta si era invaghita!

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La quarta è un giro in calesse lungo le mura

Saliamo su un calesse, l’unico modo per dare un’occhiata alle mura senza passare la giornata a fare km. Il rosa della loro terra argillosa salta fuori anche in una giornata velata. Sono fatte colla tecnica antica del pisè, sabbia, terra, calce e paglia, usata nei paesi in via di sviluppo perché si costruiscono murature portanti con poca spesa e poca acqua, compattando terra umida in casseri di legno poi riutilizzabili. Sarà un caso che le costruzioni ecosostenibili lo stiano riscoprendo? Direi di no, considerata la loro longevità e che alcune parti hanno “solo” 900 anni 🙂

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Sono vive, malleabili, raccontano capitoli di storia, soprattutto al tramonto quando si accendono e contrastano col verde degli giardini e il minareto della Koutoubia.

La quinta sono i classici

In ordine sparso, un po’ come capita, tra un’erboristeria-farmacia che ti propone dagli unguenti per curare ogni male al viagra marocchino, una bancarella di kefta e brochettes, e i vasi verdi di Tamegroute, facciamo le tappe immancabili:

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  • la Medersa Ali Ben Youssef, la grande scuola coranica con il suo tripudio di maioliche, cupole in legno di cedro e pietre intarsiate. Da visitare con una guida per capirci qualcosa.
  • le Tombe dei Saaditi con 170 sepolcri della famiglia del sultano dove capisci la gerarchia, lui e i figli al coperto tra marmi e soffitti meravigliosi, la madre un mausoleo, le mogli coi consiglieri in cortile 🙂
  • Palais de la Bahia e Palais El Badii: uno il contrario dell’altro, entrambi da vedere, il primo tutto sfarzo e decorazioni policrome, 150 camere (solo in parte visitabili), l’altro è un complesso di rovine del ‘500 del palazzo del sultano, di grande fascino, utilizzate oggi come quinta scenografica per ospitare le opere della Biennale di Marrakech, tra i giardini sommersi, il profumo di arancio che ti assale appena entri e i nidi di cicogne tutt’intorno.
  • Musèe de Marrakech: se vi interessano armi ceramiche e caftani dell’epoca coloniale bene, qui il protagonista non sono le tradizioni marocchine quanto l’edificio e lo spettacolare lampadario a bracci, di dimensioni enormi.
  • Jardin Majorelle: dulcis in fundo, questa è un’oasi di pace in mezzo alla bolgia, credo ne farò un post a parte perché lo merita. E’ il regalo di Yves Saint Laurent alla città che lo ha ospitato, ma soprattutto è un piccolo gioiello di architettura del paesaggio. Stay tuned… appena riesco metto una gallery a tema 🙂

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E dopo tutta questa full-immersion?

Marrakech è l’eterno bianco e nero, è la medina dei turisti presi d’assalto per qualche dirham e quella autentica della povera gente schiva. E’ la bottega artigiana di sempre con il tessitore berbero col telaio a pedali e il venditore di souvenir cinesi per turisti. E’ l’hammam pubblico della gente del posto e la SPA di lusso a prezzi occidentali. E’ il riad dietro la porta di legno con tutto il suo sapore autentico e il grande resort a prezzi stellari. E’ il caos di Djeema El-Fna con il suo spettacolo permanente e la perfezione dei giardini Majorelle. E’ la povertà assoluta del souq delle concerie ed il Cyber Park con accessi internet ovunque. E’ la ragnatela di cavi elettrici a vista sulla vostra testa e la rete organizzata di autoparlanti che trasmette il canto del muezzin 5 volte al giorno. E’ la loro fretta incessante che vi fa chiedere ad ogni passo dove corrano, e la sosta che poi fanno rivolti alla mecca quando pregano.
Ed è anche molto altro.

Non so se fra 10 anni Marrakech sarà divorata dalla macchina del turismo, è possibile, e sono contenta per questo di averla vista adesso, quando le contraddizioni ancora esistono.

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18 Comments

  1. Uguale uguale a come me la ricordo, a parte gli internet point, ovviamente! Bella, ma ho preferito Fes.

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    • allora aspetto il prossimo giro in marocco,che spero sia decisamente più lungo … quando vedrò Fes potrò fare anch’io un confronto 🙂 la voglia di tornare non mi manca

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      • Sì, è bello fare il giro di tutte le città imperiali e magari aggiungerci un salto a qualche oasi…potendo! Tanta ma tanta enterogermina però.

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        • ussignur, buono a sapersi

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  2. Dieri proprio che e’ questa la Marrakech che conosco io, brava Monica le hai dato un senso, o quasi perche’ qui il senso non ha molta importanza!!
    Anche io come Annalisa ho preferito Fes, curiosa di conoscere il tuo pensiero’ quando la vedrai 🙂

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    • ma che c’ha Fes di speciale? illuminatemi 🙂

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      • Credo sia ancora piu’ autentica e decisamente meno turistica… e poi il souq e la medina sono uno spettacolo!!!

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        • ok annoto per il futuro, cmq se torno in marocco punto all’interno, al deserto e se ci scappa…a Fes!!!

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          • Fidati in Marocco dove punti non sbagli… 😉

  3. Bellissimo articolo. Hai reso molto bene l’idea di una città piena di contraddizioni… un vero crogiolo di esperienze…
    Sarà durissimo per me andarci… non sono capace di contrattare e non sono capace di dire di no: rischio di tornare con una valigia in più!

    Elena

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    • Grazie Elena. Dopo mezza giornata nel souq…se vuoi sopravvivere…vedrai che impari le regole anche tu 🙂 non guardare, dire no grazie, un sorriso e viaaaaaa. Altrimenti la valigia in più è garantita e il portafoglio più leggero pure.

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  4. la tua Marrakech, le tue foto, il tuo racconto, la stimolazione sensoriale… mi hai fatto venire una gran voglia di partire, davvero!
    Bellissimo post!

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    • grazie Manuela, riuscire a trasmettere qualcosa e far venir voglia a chi legge di visitare un luogo è per me un gran bel risultato 🙂

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  5. ti ringrazio Dany, far “vivere” un qualunque angolo di mondo tramite un semplice post è mica poco 🙂

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  6. Il Marocco? Paese in assoluto il più bello e vario dell’Africa mediterranea. Un grande e attraente Paese che merita più viaggi e lunghi soggiorni!

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    • Io per ora ne ho conosciuti ancora pochi di paesi africani (Tunisia, Egitto, Marocco, Zanzibar e Sudafrica) quindi mi fido della tua opinione. Una cosa è certa, del Marocco ho avuto solo un piccolo assaggio e mi è venuta una gran voglia di tornarci per un itinerario completo 🙂

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