Inghilterra: St Michael’s Mount, un gemello diverso in Cornovaglia

Inghilterra: St Michael’s Mount, un gemello diverso in Cornovaglia

Tutti conoscono almeno per fama Mont-Saint-Michel in Normandia (io lo ammetto, non l’ho ancora visto), e fin qui non ci piove. Ma quanti sanno che, attraversata La Manica, sulla punta della Cornovaglia e sulla strada per la Land’s End si trova il suo alter ego?…o meglio quello che io chiamo gemello diverso, un “gemellino inglese”. Ora vi spiego. Intanto la location: la Cornovaglia è terra di grandi spazi, di cieli immensi, di brume inglesi, è un ecosistema di millenni che sembra fuori dal tempo. Uno di quei luoghi dove puoi guardare l’orizzonte e lasciarti andare, senza limite e senza meta, dove puoi sconfinare. La stessa sensazione provata solo nelle Highlands scozzesi, nelle isole Lofoten in Norvegia e in Nuova Zelanda. Inutile pensare che il mondo sia piccolo, troppo pieno, troppo urbanizzato, troppo inabitabile (forse in qualche caso è vero :-P) e continuare a ripeterselo, nel tentativo di autoconvincersi. In Cornovaglia ci si rende conto di quanto sia ancora grande. E sconfinato appunto. Arriviamo a Penzance dall’entroterra, attraverso paesini fatti di villaggi dove i tetti più recenti si alternano a quelli originali in paglia, le birrerie dall’atmosfera un po’ cupa e un po’ vissuta non mancano mai, la strada corre alta e sbuca sul cocuzzolo di una collina da cui vedi due sole cose, il mare e una casetta proprio lì, prima del grande serpentone che scende verso la costa. E ti chiedi: “di cos’altro avrà bisogno il signore che abita lì dentro?” Ben poco, pensi tu 🙂 Si intravede un’isoletta, anche lei come il gemello francese preda del gioco delle maree,  c’è alta marea e non mi accorgo subito...
Spagna: i pueblos blancos in Andalusia

Spagna: i pueblos blancos in Andalusia

Proseguono le mie contaminazioni su altri blog (la rete è veramente una fucina di scambi e idee :-)). Così da ieri mi trovate anche su IterTrav, che ringrazio per l’ospitalità. Stavolta i miei ricordi andalusi si sono concentrati sui pueblos blancos (villaggi bianchi) dell’entroterra, grappoli disordinati di case dove il bianco domina su tutto e che Garcìa Lorca, dal suo esilio, pennella con le parole. Qui il link del post, fateci un giro: http://itertrav.com/it/i-pueblos-blancos-dellandalusia/  E poi aggiungo una mia gallery...
Spagna: La Mezquita di Cordoba in Andalusia

Spagna: La Mezquita di Cordoba in Andalusia

IMPRESSIVE O_O  Ecco l’aggettivo giusto per esprimere quello che si prova entrando nella Mezquita. E dire che di monumenti importanti in vita mia ne ho girati parecchi, ma a Cordoba rimanere indifferenti è impossibile 🙂  è veramente “tanta ma taaaaanta roba” direbbe una mia amica. Dicono sia la moschea più grande e stupefacente d’Europa. Snocciolare qualche numero qui è d’obbligo per capire a cosa siamo di fronte: 856 colonne (quelle rimaste! prima erano 1293), 23.000 mq di superficie, una quantità di archi sovrapposti, capitelli, nervature, navate, cupole, intagli di pietra semplicemente da paura. Mai visto niente di simile. Provo a mettere a fuoco le mie sensazioni fissandole in alcune parole chiave: a. Commistione Una struttura stranissima, a cui nessuna immagine può rendere giustizia. Una testimonianza di 13 secoli di storia e culture diverse che non si sono sostituite una all’altra, ma hanno scelto di convivere in uno stesso luogo. Prima chiesa, poi moschea araba musulmana, su cui è stata costruita dentro una cattedrale, con rifacimenti in stili diversi nell’arco di tre secoli. Le tracce musulmane, ebree e cristiane le puoi vedere fianco a fianco, le infilate di archi della moschea e al centro la navata della cattedrale, ai lati una cinquantina di cappelle cristiane. Penso che per una volta l’uomo non ha raso al suolo ciò che non condivideva, ma lo ha lasciato quasi intatto, imparando a conviverci. Una fusione che la rende unica al mondo. b. Infinito Ti ci perdi nella Mezquita eppure non ti annoierai mai. E’ stata concepita come spazio semplice, orizzontale, che si ripete all’infinito, democratico a modo suo. Ed era iper-innovativa per i suoi...
Croazia: Opatjia, l’Art Nouveau in Istria

Croazia: Opatjia, l’Art Nouveau in Istria

Non sempre i luoghi corrispondono alle nostre aspettative. Quest’estate per necessità familiari siamo dovuti rimanere vicini a casa e ci siamo fermati qualche giorno in Croazia, nel Golfo del Quarnero dalle parti di Opatjia (all’estremità della penisola istriana). Avevo ancora in mente il viaggio di anni fa attraverso tutta la costa dalmata, le calette, i paesi in pietra, l’acqua limpida, le spiagge sabbiose dell’Isola di Rab, il colpo d’occhio della piazza centrale dell’Isola di Hvar, le escursioni in canoa e i ricci giganti dell’Isola di Mljet. No, ecco, se andate a Opatjia è diverso. Non fraintendetemi, è splendida a modo suo, ma bisogna saperne vedere e apprezzare la particolarità. Altrimenti ne rimarrete delusi. Scoprirete che le spiagge non esistono se non rocce, spianate artificiali o qualche caletta nei dintorni. Opatija è stata in passato descritta dai viaggiatori come “la Vienna del Mediterraneo” e questo la dice lunga. Immaginate il turismo nella seconda metà del XIX, la nobiltà asburgica e della Mitteleuropa che sceglie Opatija come uno dei contesti naturali in grado di offrirle totale relax. Una signora riviera protetta a ovest dal monte Učka, catena montuosa di 20 km. Clima ideale (infatti il primo status ufficiale, già nel 1889, era quello di sanatorio climatico). Alberghi,  ville e parchi bellissimi costruiti in quel periodo rappresentano uno degli apici del patrimonio culturale e dell’architettura liberty della Croazia. Da qui bisogna partire. Dalla sua storia. Dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che per primo credette nel suo sviluppo. Dall’ aristocrazia che si godeva momenti di pace e tranquillità lontano dalle corti. Da un turismo ante litteram, che a fine Ottocento e nel periodo della Belle Epoque portò...
I suoni dei miei viaggi a Praga

I suoni dei miei viaggi a Praga

pic credit: @fotocommunity Praga B&W Approfitto dell’iniziativa della mia amica Monica di Viaggi e Baci e partecipo, come faccio spesso, al tema mensile dell’iniziativa che stavolta mi stuzzica parecchio, i Suoni dei miei viaggi. Tema dal potere evocativo, di quelli che aprono le porte a una marea di ricordi, agli echi interiori. Il suono come materia da modellare per creare paesaggi sonori dove si ha l’impressione di abitare realmente e dove la mente rimbalza in un attimo. La vita più intensa è raccontata in sintesi dal suono più rudimentale: quello dell’onda del mare che da quando si forma muta ad ogni istante. Italo Svevo, da “La coscienza di Zeno”  E allora questi miei suoni mi riportano a un viaggio importante, durato 4 anni, un’esperienza di vita all’estero a Praga, in Repubblica Ceca. Qui abbiamo vissuto, lavorato, ascoltato e ci siamo immersi totalmente, nel bene e nel male. Anche se faccio fatica a parlarne, come quando qualcosa ti lascia un segno importante e scriverne riesce difficile. Provo a evocarne qualche suono per raccontarvela 🙂 Le sirene dell’alluvione nell’Agosto 2002, e la paura Il nostro arrivo a Praga è stato segnato da un suono che non dimenticherò mai, giuro. Avevamo appena trovato casa al confine di Mala Strana – Praga 5, appena traslocato, appena iniziato il lavoro di mio marito a Karlovy Vary, appena rubata la mia macchinina rossa che avevo portato dall’Italia (ignara del servizio che mi aspettava). E cominciano le piogge torrenziali. Il mio primo giorno di ufficio in pieno centro storico cartelli su tutte le porte avvertivano in ceco di evacuare i palazzi. Torno a casa e mi serro...
Come navigare su una houseboat in Francia ed essere felici

Come navigare su una houseboat in Francia ed essere felici

E dopo il post di “teoria” (parolone) e la gallery, come promesso è il momento di passare alla pratica 🙂 Ho notato sia prima di partire che dopo il rientro un certo interesse da parte vostra sull’argomento e mi metto nei panni di chi vorrebbe provare questo tipo di vacanza o semplicemente di me stessa prima della partenza. Vediamo di chiarire quindi un po’ di dubbi e punti fondamentali. Le Houseboat sono organizzate un po’ in tutta Europa e se non ne avete mezza di espatriare pure in Italia nell’area veneta intorno a Venezia e Treviso, l’operatore più gettonato e organizzato è Le Boat, potete contattarli, come abbiamo fatto noi, tramite agenzia pagando poi tutti gli extra in loco (carburante consumato, noleggio bici, assicurazione/cauzione, etc) oppure direttamente tramite il loro sito oppure Nicols o altri. Scegliete bene l’itinerario prima di partire, tenete presente che la Houseboat va lentissima (8-10 km/h) e sarete vincolati all’itinerario scelto sui canali, ci sono centinaia di opzioni, tutti piccoli tratti. Quindi i miei consigli spassionati sono: a. Scegliete un itinerario con meno chiuse possibili La chiusa è il corrispondente idraulico di un varco presidiato da un cancello, e la troverete ogni volta che c’è un dislivello nel canale. E’ tutto uguale a 100 anni fa, tutto manuale, di innegabile fascino. Ma dopo 10 chiuse vi avverto, come in tutte le cose, potreste averne le scatole piene 🙂 Le houseboat sono poco più strette della chiusa, si entra dentro, le porte si chiudono, le cime vengono lanciate sulle bitte per aiutare a posizionare la barca, uno tira la cima davanti e uno dietro, un custode aziona la manovella a...

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