California: infarinatura di San Francisco

California: infarinatura di San Francisco

Raccontare una grande metropoli è in generale una roba da equilibristi, si rischia sempre di scivolare sulla buccia di banana, di essere scontati, di ripetere informazioni dette e ridette in salsa personale. Raccontare San Francisco dopo 3 soli giorni di conoscenza è un po’ come parlare dell’Odissea avendone letto solo le prime pagine. Insomma ti pare sempre un azzardo. Comunque ci provo, proprio perché lei mi è piaciuta e non poco. Nonostante tre giorni siano una semplice infarinatura. Come potevo cominciare, io nata e cresciuta al mare, ad approcciare San Francisco? Dalla baia ovviamente, così familiare e per me sempre così sorprendente. L’oceano lo puoi vedere dall’alto delle colline accompagnato dal suono metallico delle rotaie del Cable Car, dai pontili che orlano come pettini il suo waterfront, da qualche ferry che attraversa la baia ventosissima. Comunque lo vedi, col sole alto e la luce che abbaglia, col tramonto caldo che allunga le ombre, lui affascina e ha il suo perché. Mettici tre giornate di sole limpido e vento costante e già le carte in tavola sono di quelle buone. Il mare unisce e cuce le anime differenti di questa città. E te ne accorgi subito. Ogni quartiere di San Francisco ha la sua distinta personalità, dall’hippy chic di Haight Asbury coi suoi negozi di merce strana, graffiti e sfilata di ville d’epoca vittoriana, allo spirito alternativo del Mission District, quartiere mezzo latino mezzo asiatico. Il quartiere della Marina coi suoi bistrot trendy e panorami da cartolina del Golden Gate Bridge, mentre Union Square e la zona di Downtown sono da visitare in un giorno lavorativo, col brulichio di dipendenti...
Tour dei parchi nazionali nell’Ovest degli USA: consigli utili – Parte 2

Tour dei parchi nazionali nell’Ovest degli USA: consigli utili – Parte 2

E proseguiamo il post  di ieri con la seconda parte di consigli: Le guide: Lonely Planet e Routard Prima di partire un amico ha definito la guida cartacea ormai come l’ ”ansiolitico del viaggiatore moderno” e in effetti sono d’accordo con lui…sta diventando quasi più una questione affettiva! Per questo viaggio nel West USA ho preso due guide, una più generica sugli Stati Uniti Occidentali (EDT – 28€), la classica Lonely Planet che va ad aggiungersi alla mia piccola biblioteca LP, e una guida più specifica sui Parchi Nazionali dell’Ovest della Routard (Il Viaggiatore – 25€). Ok, partiamo dalle attenuanti. La prima comprende un sacco di Stati americani e per forza di cosa su ognuno può fornire meno informazioni. La seconda è centrata su una destinazione specifica e quindi circoscritta. Ma il confronto non ha retto. Routard batte Lonely Planet, in questo caso, 10 a 3. La Lonely Planet, indubbiamente più accattivante nel layout, pecca di contenuto (parere personale), di sostanza, ha mappe o troppo grandi o troppo dettagliate dentro, ha informazioni non complete, non ha itinerari consigliati o pochissimi, non inquadra gran che del paese e si rivela poco utile. La Routard lo fa eccome, all’inizio mi piace poco perché senza un’immagine e sempre-solo testo o mappa, più easy, senza fronzoli, ma dopo un po’ mi rendo conto che è praticissima, che dice veramente tutto, che ha una prima sezione Informazioni Utili e poi una seconda Uomini, Cultura, Ambiente fatte da Dio, che è esaustiva, affidabile, e a fine viaggio mi rendo conto che è stato un ottimo acquisto. Ve la consiglio 😀 Il clima estivo Il clima cambia...
Tour dei parchi nazionali nell’Ovest degli USA: consigli utili – Parte 1

Tour dei parchi nazionali nell’Ovest degli USA: consigli utili – Parte 1

Prima di partire per gli States ho cercato di costruire il mio itinerario e fare il punto della situazione. Come fan tutti i viaggiatori indipendenti, raccogliere un po’ di info utili sulle guide cartacee, sui blog dei viaggiatori che c’erano stati, qualche consiglio tramite agenzia di viaggio, sui siti dei tour operator e dai racconti di amici (ma quanta gente ci va nei parchi nazionali dell’Ovest!!! una marea, vanno a ruba soprattutto i viaggi di nozze). Alla fine della fiera ho notato però che molti consigli, di qua e di là, sono sempre gli stessi e su alcuni punti parecchi dubbi mi erano rimasti. Ho pensato così di raccontarvi tutto quello che avrei voluto sapere prima della partenza e con cui in pratica ho dovuto fare i conti “on the road”. Così, dopo il primo post con le impressioni di pancia, ecco un post pratico frutto della mia esperienza per chi ha in mente di organizzarsi in autonomia un viaggio come quello appena concluso. More or less il nostro itinerario è stato questo, vi do un’indicazione di massima sulle distanze tra un punto e l’altro (senza contare le miglia dentro ai parchi che spesso sono grandi come intere regioni e alle città): 16/06 – 19/06 volo Italia/San Francisco San Francisco girata con mezzi pubblici e City pass 20/06 Costa californiana SFA-Monterrey e 17 Miles Drive 200 km 21/06 – 22/06 Monterrey-Mariposa e Yosemite National Park 350 km 23/06 Death Valley National Park e serata a Las Vegas 330 km 24/06 Las Vegas -Zion National Park e Zion NP 150 km 25/06 Zion NP – Bryce Canyon National Park 100 km...
Ovest degli USA: prime considerazioni a caldo

Ovest degli USA: prime considerazioni a caldo

Arieccomi, dopo una lunga assenza – e chiedo venia – motivata dal viaggio #myUSA e in mezzo a un trasloco impegnativo a ruota subito dopo, finalmente ho metabolizzato un attimo quella centrifuga impazzita che è stato il mitico on the road nell’Ovest americano. Ok, diciamo che se prima di partire avevo voglia di un on the road coi controfiocchi, forse nel mio immaginario l’ontheroad per eccellenza, stavolta la voglia me la sono proprio tolta, va là! E prima di parlarvi di qualunque itinerario, consiglio pratico, racconto delle singole tappe (di cui vi parlerò nei prossimi post), penso sia importante per chiunque legga questo blog e magari voglia affrontare un domani lo stesso viaggio… sapere alcune cosette di fondo. Ve le dico a modo mio, provando a farvi capire cosa questo viaggio mi ha saputo trasmettere. Che non è facilissimo, perché è stata la mia prima esperienza lunga negli States e non pretendo di aver capito chissà cosa di un paese così sconfinato e ricco di sfumature. L’ho solo assaggiato. Il senso di libertà Lo so, per noi italiani abituati a tutt’altro, a spazi ridotti, a un continuum edificato, allo sfruttamento delle risorse, è difficile farsi un’idea. Ma gli States sono così, sconfinati. Provate a chiudere gli occhi: un nastro d’asfalto, un truck enorme e coloratissimo all’orizzonte, e solo natura a 360° gradi intorno a perdita d’occhio. La stessa sensazione fino ad oggi me l’aveva saputa dare solo il mare, l’orizzonte aperto su cui spaziare, l’energia e la forza su cui misurare i propri limiti. Ecco, la sensazione più grande attraversando l’Ovest degli States è proprio il senso di libertà, che...
Si parte per l’Ovest degli USA: #myusa

Si parte per l’Ovest degli USA: #myusa

Mi sono sempre chiesta il perché alcuni luoghi del mondo attraggano una persona più di altri. Mi è sempre piaciuto l’emisfero sud del globo, la sua complessità, le sue tradizioni, la sua cultura, la sua diversità: il Sud-Est asiatico, l’Africa, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud-America. Appena ho potuto ho volato lì e ho tutta l’intenzione di continuare a farlo (sono solo all’inizio né). Lo ammetto candidamente, gli Stati Uniti proprio no, non hanno mai esercitato su di me un fascino particolare. Troppo vasti, troppo moderni, troppo efficienti, stati coi confini troppo squadrati, troppo poco feeling con lo stile americano medio. Stereotipi/pregiudizi da sfatare? Senza dubbio tantissimi. Però, come sempre c’è un però. E’ da quanto ero ragazzina e andavo alla BIT a Milano a tirar su chili di depliants di tutti i paesi che sognavo di visitare, che un unico posto degli States mi affascinava un casino. Era il West-USA. Forse perché la natura lì ha dato il suo meglio, perché gli spazi me li immagino infiniti, perché la madre terra ha in sé un richiamo primordiale e il West è evocativo, cinematografico (mannaggia a Thelma e Louise!), perché il cuore Navajo dei nativi americani è proprio lì, perché i parchi nazionali dell’Ovest credo si debbano proprio vedere almeno una volta nella vita. E allora quest’anno si va in America, anzi tra una settimanella #crossfingers… partiamo a metà Giugno (nanetta inclusa di default ovviamente). Il nostro itinerario, rigorosamente fai da te Ok, due guide, tanti siti e blog letti, qualche consiglio dagli amici… direi che ci siamo. Sarà un ontheroad di 5.000 km attraverso 4 stati americani (California, Nevada,...
Brasile e diritti umani: somos todos Guarani-Kaiowa

Brasile e diritti umani: somos todos Guarani-Kaiowa

Vi ricordate quando tempo fa quando un amico, GM, ci parlò di Amazzonia, di Belo Monte e i diritti degli Indios Brasiliani? Il suo impegno sul campo e insieme a lui quello di tantissime altre persone attive per la difesa dell’ultima NOSTRA grande foresta e dei suoi abitanti continua, sempre. E questo blog nel suo piccolo vuole continuare a supportare la causa ospitando un altro post, questa volta dedicato agli Indios Guaranì-Kaiowa. Lascio a la parola a loro: GUARANI-KAIOWA MATO GROSSO DO SUL (BRASIL) Migliaia di indios Guarani-Kaiowa sono relegati in riserve affollate e insufficienti per praticare le attività di sussistenza tradizionali: caccia, pesca e agricoltura. Perché nelle riserve? Perché in passato i coloni sono arrivati nel Mato Grosso do Sul ed hanno occupato o comprato terra che non potevano occupare o comprare. Oggi i coloni, i fazenderos, producono in quelle terre: canna da zucchero per il mercato dei biocombustibili e allevamenti di bestiame per carne da macello. Non sono disposti a cedere parte delle terre agli indios che ne rivendicano il diritto. Con vigilantes e pistoleros senza scrupoli, offendono attaccano, mutilano, uccidono Immaginate delle camionette che entrano di notte nel villaggio, il vostro, con i fari, la polvere, il rumore, il buio, gli spari. Le donne e i bambini fuggono terrorizzati. Il capo villaggio, il cacique, viene circondato, sequestrato e ucciso. Non servono le poche vetture di polizia che girano tra gli accampamenti e le fazendas,  fattorie  vaste come intere regioni, per difendere i villaggi fatti di baracche accampati ai margini dei grandi latifondi. Si spara da quelle parti e sono gli indios che muoiono. Soprattutto i leaders delle...

Contact Us