A Malta ci sono sorprese che non ti aspetti. Io per prima faccio mea culpa, forse perché è così vicina a noi, forse perché legata agli stereotipi banali del sole/spiagge/mare/locali alla moda, del divertimento, della scuola d’inglese per ragazzi, non mi ha mai attratto particolarmente e l’ho sempre sottovalutata. E francamente ho commesso un errore.
Basta arrivare a La Valletta, la città fortezza, la “città costruita dai signori per i signori” nel 1566, per appassionarsi agli intrecci incredibili della sua storia. E fra tutti un particolare, questa città fu teatro degli ultimi movimentati giorni della vita di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio.
Malta, Valletta, è il 10 luglio del 1607. Nel porto attracca una galera, salpata da Napoli. In mezzo ai passeggeri scende un uomo dai capelli neri, folti, di bassa statura, carnagione scura, barba lunga, abiti spiegazzati. È Michelangelo Merisi, Caravaggio, artista al primo posto dei più grandi pittori di ogni tempo. La cui opera è semplicemente l’inizio della pittura moderna.
Caravaggio è, per quei tempi, un pericolo pubblico per un popolo intransigente legato a doppio filo all’Ordine dei Cavalieri di Malta, dove ancora oggi i cattolici praticanti sfiorano il 99%. Lui è un assassino: uccide a Milano da giovanissimo, durante una rissa. A Roma, nel 1605, ferisce gravemente un notaio, e dopo un duello spadaccino, uccide Ranuccio Tommasoni da Terni. E’ bandito dalla capitale con condanna papale alla decapitazione.
Quando Caravaggio sbarca a Malta, la capitale è un gigantesco cantiere sponsorizzato dai Cavalieri e nel 1607, ingegneri, architetti, scultori, pittori sono richiestissimi a Malta. Sul’isola entrò in contatto con il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, Alof de Wignacourt, a cui fece un ritratto. Il suo vero obiettivo era diventare Cavaliere di Malta per ottenere l’immunità, accettò quindi la commissione del ritratto per essere iniziato nel 1608 Cavaliere di Grazia (di rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia di origine aristocratica).
Decollazione di San Giovanni Battista
L’incarico successivo fu la sua opera più imponente, la Decollazione di San Giovanni Battista nell’Oratorio della Concattedrale di La Valletta. L’intero complesso monumentale vale il viaggio, credetemi.
La facciata in pietra globigerina dell’architetto Cassar è molto sobria, quasi anonima, e non lascia trasparire nulla, si accede dal lato sinistro e si fa fatica a credere al contrasto impressionante con l’interno una volta varcata la soglia. La cattedrale era il concentrato di tutto il potere e la ricchezza dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, la navata centrale è lunga 58 m/larga 15/alta 19 e il suo pavimento è una sequenza di 400 pietre tombali, in marmi policromi, dei Cavalieri della nobiltà europea del 500 e del 600. La volta è affrescata da un altro genio italiano, Mattia Preti, con una tecnica ad olio direttamente sulla pietra porosa, 18 episodi della vita di San Giovanni dipinti in cinque anni. L’altare maggiore e il coro sono un intarsio di lapislazzuli, pietre semipreziose, marmi, metalli argentati e dorati. Le pareti un continuum di foglie d’oro a 24 carati e opere d’arte.
Vado in fondo alla chiesa e poi entro in una cappella laterale, l’Oratorio dei Cavalieri, utilizzato un tempo sia come luogo di preghiera religiosa sia da tribunale in cui si tenevano assemblee per decidere provvedimenti importanti per la vita dell’Ordine. E qui sull’altare il capolavoro di Caravaggio: il dipinto più grande dell’artista , un olio su tela enorme (361×520 cm) che occupa l’intero muro, e l’unica opera firmata letteralmente col sangue: quello che scorre dal collo del Battista, ormai riverso a terra esanime, mentre uno degli sgherri di Salomè sta finendo di staccare la testa dal corpo, tenendo il santo a terra, per i capelli. Caravaggio si firma “f. Michelang[e]lo”, dove la “f” puntata (che sta per “fra’”) indica la sua condizione al tempo dell’esecuzione del dipinto: l’artista lombardo era stato infatti nominato cavaliere di Malta.
Non è facile spiegare da quali sensazioni si è assaliti mentre si ammirano questi capolavori dal vivo. La vita e la morte si scontrano in queste tele come i giochi di chiaro-scuro nei quali Caravaggio era maestro assoluto. In quest’opera, come pure nella maggior parte dei suoi lavori, la morte ha una presenza concreta, la si può quasi toccare. Si sente l’omicidio, la trasformazione della vita in morte. Il secondino guarda cinico il Battista e indica la conca che deve ospitare la testa decollata. Il bacile è sostenuto a due mani da una ragazza indifferente, il Santo è colto negli ultimi spasmi di vita, un drappo rosso lo copre il sangue fuoriesce ancora dalla gola e Caravaggio firma sotto, con una riga rossa che parte da quel sangue.
La regia caravaggesca rovescia il rapporto figura-spazio, lascia ampie zone di vuoto e immerge la scena nella penombra, due prigionieri dietro le inferriate osservano l’esecuzione mentre la protagonista assoluta è la luce concentrata sulla scena e la sua potenza evocativa. Caravaggio registra con distacco e senza illusioni il destino umano. Il pittore scelse di scrivere la sua firma col sangue di san Giovanni Battista, come a voler trovare una sorta d’identificazione nel martire, poiché anche lui avrebbe subito la stessa fine, data la condanna a morte che pendeva sul suo capo.
San Girolamo scrivente
E ancora nel 1608 iniziò anche un altro olio su tela: il San Girolamo scrivente, esposto di fronte alla Decollazione nell’Oratorio della Concattedrale dedicata a Michelangelo Merisi. Un dipinto di grande intensità psicologica, la tela conservata a La Valetta è stracolma di dettagli e riflette sullo scorrere del tempo in modo meno drammatico, anche se non meno reale e intenso.
Purtroppo anche a Malta Caravaggio continuò ad essere sempre in fuga, braccato, sempre in pericolo di vita: ebbe problemi con la giustizia, fu arrestato per aver ferito, dopo un litigio, un Cavaliere di rango superiore, venne rinchiuso nel carcere di Sant’Angelo a La Valletta, riuscì ad evadere e a rifugiarsi a Siracusa, dove mori poco dopo.
Le paure e l’irrequietezza escono dai suoi quadri. Colpiscono chiunque li veda. Quelle conservate a La Valletta sono opere fondamentali, quasi un testamento spirituale dell’artista. Avvicinandosi a queste due tele, si avverte il talento di un uomo che ha rivoluzionato l’arte di tutti i tempi.
Info utili
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Biglietto di 10 euro (è caro per una chiesa, ma oggettivamente come si fa a non entrare e perdersi tutto questo?);
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Orario dalle 9,30 fino alla 16,00 (attenzione: non si accede alla chiesa dalla facciata principale, su piazza San Giovanni, bensì da un’entrata laterale posta in un piccolo slargo di via della Repubblica);
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Audioguida compresa nel prezzo.