Isla Incahuasi: oasi di vita spinosa nel Salar boliviano

Mi piace parlare delle curiosità in giro per il mondo e di sicuro Isla Incahuasi, la casa degli Inca in quechua lo è: un lembo di terra piccolissimo ricoperto da oltre 5000 cactus e con una visuale privilegiata per ammirare a 360° il panorama del Salar de Uyuni. Un vero eremo di libertà, una Babele rocciosa nel bianco abbagliante, dove non te lo aspetteresti mai perchè pensi che nulla di vitale possa sopravvivere qui… invece tac … spunta qualcosa di inaspettato da non credere. E’ un isolotto di sedimenti calcarei marini e vulcanici, il terreno è sufficientemente fertile da permettere la crescita di grandi cactus centenari, piante erbacee e licheni.

Il risultato è uno scenario mai visto, l’ideale è goderselo all’alba e al tramonto, quando la luce radente, il silenzio, il rumore solo dei passi sul sentiero e l’immensità del Salar intorno creano una vera magia. Per raggiungerlo basta tapparsi il naso e far finta di non sentire l’alito dell’autista Javier che biascica come un criceto foglie di coca con nonchalance, per loro è un’abitudine quotidiana. La jeep 4×4 dopo km di sale e acqua, senza vegetazione, ci lascia di fronte all’unica oasi di vita, la spinosa Isla Incahuasi.

I cactus (Echinopsis atacamensis), tutti rivolti come guardiani fieri e silenziosi verso il sole, in generale si sviluppano secondo le specie da pochi centimetri sino ad un metro per anno, danno 50/60 frutti l’anno fra Febbraio e Aprile, anche se ora, per la diminuzione delle piogge, pare se ne raccolgano molti meno. Sono giganti fragili e non è raro trovarli demoliti dal forte vento, attaccati da parassiti o lacerati dai visitatori.

Seguo il sentiero verso la sommità dell’isola, l’origine marina (qui a 4000 mt!) la ritrovi nelle tracce di conchiglie e coralli; in cima, c’è l’offerta di un pennuto alla Pachamama e si domina la superficie piatta e  sconfinata del Salar, in un contrasto singolare con la verticalità dei centinaia di cactus giganti. C’è anche un cardon pasacana, chiamato jach’a q’ru o palo immenso… indovinate un pò? è il più alto dei cactus detti “colonnari”, il rappresentante di questa famiglia di piante tipicamente americane.

In cima ti guardi intorno, una sensazione ancestrale, ti senti catapultato in un paesaggio extraterrestre e allo stesso tempo perduto, minuscolo e felice. L’unica nota stonata, d’altronde ormai è inutile illudersi di godere di certe perle in solitudine, è che Isla Inchauasi, proprio per la sua unicità, attira tutti i turisti che vengono qui a vedere il Salar, quindi al centro accoglienza dovrete pagare un biglietto d’ingresso  (30 Bob) e inevibilmente troverete tutti impegnati nelle fatidiche “foto/selfie del cactus” 😀

Con una camminata di mezz’oretta siete in cima a questo cumulo di rocce aride e potete godervi la distesa di sale a 360°, una prospettiva diversa sul Salar oggettivamente bellissima, in mezzo a lunghe braccia verdi spinose e ramificate. A circa 20 km in direzione nord-ovest si intravede l’isola gemella, pure quella abitata da soli cactus, che si chiama per la sua forma ovale Isla del Pescado.

Ma la strada per raggiungere il rifugio per la notte è lunga e bisogna rimettersi in marcia prima che scenda il sole e il gelo serale torni ad abbracciare l’altopiano, prossima tappa le lagune. Stay tuned.


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