Reserva Nacional de fauna andina Edoardo Avaroa: lagune, vulcani, fenicotteri

Il tour di tre giorni in jeep, dopo le tappe al Salar de Uyuni e all’ Isla Inchauasi, avamposti di altre solitudini, prosegue verso uno degli angoli più desolati e più spettacolari della Bolivia: la Reserva Nacional de fauna andina Edoardo Avaroa, un ecosistema incredibile ai confini con Cile e Argentina. Lo ammetto, di tutto il Camino Real, gli altopiani boliviani mi hanno davvero impressionato. Perchè è vero che la Bolivia detiene molti record, positivi e non: é lo stato più povero del sud America, vanta una delle città più alte del mondo ( Potosì 4090 m slm), il deserto di sale più grande del pianeta, il lago più alto della terra (Titicaca 3812m slm), il clima più freddo di tutto il continente latino dove la notte si arriva facilmente a meno 20°. Ma non è certo solo questo.

Fanno impressione la tavolozza di colori primari, l’assenza di presenza umana a parte quelle microscopiche jeep coi bagagli legati sopra che dietro sollevano scie altissime di polvere terrosa, il paesaggio di sterminate pampe, deserti, vulcani e rocce bizzare, lagune, vigogne e fenicotteri rosa. E’ l’intensità di tanta bellezza che impressiona e non si dimentica. Le tappe del tour più o meno sono standard e hanno tanti nomi:


  • mirador vulcano Ollague
  • laguna Cañapa
  • laguna Edihonda
  • laguna Honda e Chiarkota
  • arbol de piedra
  • deserto di Dalì
  • laguna Colorada
  • geyser Sol de Mañana
  • vulcano Licancabur
  • laguna Verde
  • laguna Blanca

Eppure, dopo un po’, non leggo più neanche la guida, non mi interessano i nomi o i dettagli di quello che incontro, divento anch’io smeraldo, rosa, blu, rosso, ocra, divento quella concentrazione di piombo, zolfo, arsenico e carbonato di calcio, divento un fenicottero dalle gambe sottili tra migliaia, divento il profilo del Cerro Amarillo che si intravede dal deserto di Dalì, divento aria pungente e vento che sferza, divento parte di una fumarola ribollente che soffia nella zona termale Sol de Mañana . Ho il grande privilegio di essere qui e l’emozione è forte. Questa parte di Bolivia è magnetica, aspra, fredda, senza comodità, senza nulla, unica e diretta come una freccia verso il suo bersaglio. E l’ho amata senza riserve.

Proprio la capacità di farti perdere la bussola e concentrarti solo sul vissuto è la carta vincente di questo altopiano. Dall’alba al tramonto il viaggio è una sorpresa e variazione continua. Ma vediamo alcuni focus della Reserva Edoardo Avaroa, in ordine sparso anche perchè il tour è fattibile in entrambi i sensi:

La pista in 4×4 delle lagune boliviane

La strada è completamente sterrata e abbastanza dissestata lungo tutto il circuito. La pista delle lagune, cosi’ si chiama questa strada attraverso paesaggi solitari, centinaia di lagune salmastre dalle tinte diverse secondo i minerali disciolti, le cui tonalità variano nell’arco della giornata con il mutare delle condizioni atmosferiche, passando dal rosso mattone al ruggine, dal blu cobalto al celeste e al turchese: la Laguna Celeste, remota e bellissima, la Laguna Verde, nelle cui acque si riflette il perfetto cono tronco del Volcán Licáncabur, la maestosa Laguna Colorada. Qui vivono la viscaccia, la volpe andina, qualche raro ñandú o struzzo andino e branchi di vigogne. Non esistono stazioni di rifornimento, punti di ristoro, solo rifugi basici, quindi i 4×4 devono partire caricando bagagli, viveri, acqua a sufficienza e per 3 giorni loro sono autisti, cuochi, tuttofare. Nel mentre, gli spazi come i tempi si dilatano. Qualche piccola casa de adobo. Mandrie di lama, il niente attorno, solo qualche altra jeep e la sua scia di polvere altissima.

I fenicotteri rosa delle Ande nelle lagune

Certo uno si immagina i fenicotteri nelle zone calde, a oltre 4000 mt non te li aspetti proprio. Invece la Pachamama sorprende, scopro che in realtà i fenicotteri riescono a vivere benissimo anche nelle zone montuose ad alta quota. Purchè ci siano le condizioni giuste, abbondante acqua, alta alcalinità e plancton di colore rosa che loro assorbono dagli alimenti. Qui sulle lagune boliviane vivono il fenicottero andino e il James, in colonie da centinaia di membri. Ogni laguna ne è punteggiata, loro accompagnano il nostro viaggio come compagni nomadi di avventura, ogni laguna ha sullo sfondo un vulcano spento, intorno il bianco del sale e cespugli giallo acceso, sono paesaggi sicuramente più facili da dipingere che descrivere a parole. I fenicotteri sono il fil rouge di tutte le lagune che si rincorrono, una dopo l’altra: la Laguna Honda, la Laguna Chota, la Laguna Hedionda a 4186 metri, la Laguna Canapa, la Laguna Blanca… perdo il conto perdo le differenze ma di una cosa sono certa, non ne perderò mai il ricordo.

Laguna Colorada, 4278 mt

E’ lei la regina delle lagune ai piedi del Cerro Negro, le sfumature rossastre la annunciano, la Laguna Colorada: sessanta chilometri quadrati, profonda 80 centimetri, quando credi di averne viste già di bellissime arriva lei, a seconda delle ore e delle stagioni, regala pennellate di luminosi giallo ocra, intensi rosa, rossi sangue, magenta, amaranto, cupi granata. Cromie create dai microrganismi, dal plancton e dai sali minerali presenti nell’acqua, alimento dei tantissimi fenicotteri che ci vivono. Al contorno solo ciuffi spettinati dal vento di ichu (paglia gialla), una cornice dorata lungo le rive, o di borace che sembra neve bianchissima. E in mezzo centinaia di  fenicotteri rosa acceso, della specie più grossa: i James Flamingos che si specchiano nell’acqua o si levano in volo spiegando le grandi ali bordate di piume nere. Immensa, al suo cospetto solo silenzio e pace totali. Sperando che il governo boliviano mantenga questi posti così come sono, inalterati e selvaggi al 100%. Io ci ho provato, ma vi avverto che nessuna foto può rendere veramente l’idea vaga di questo luogo.

Aguas Termales de Polques

Percorriamo in 4×4 una lunga carrettera sterrata usata per i rifornimenti dei minatori, porta alle Aguas Termales de Polques, un paesaggio dantesco dove ribollono pozze fangose e si muovono nuvole di vapore, tra fumarole dall’intenso odore di zolfo. L’esperienza gelida comprende volendo l’immersione dei piedi nei rivoli caldi e, se vi piacciono le terme nei luoghi insoliti, una zona termale dove si può fare il bagno. E’ la piscina naturale chiamata Chalviri e le sue acque termali provengono dal vulcano Polques. Con 6 bolivianos potete usufruire degli spogliatoi spartani dove cambiarsi ed indossare il costume, immergervi nella piscina di acqua calda sui 30 gradi, dicono sia ottima per alleviare i sintomi di artrite e reumatismi.. Io ammetto di non aver avuto abbastanza coraggio per denudarmi col freddo fuori, ma se  lo fate ricordatevi di portarvi un accappatoio da mettere fuori dalla piscina, perchè il freddo picchia.

Geyser Sol de Mañana

A 4850 mt al sorgere dl sole il buongiorno ci viene dato dai geyser Sol de Mañana, Il Sole di domani, un’area geotermica che sembra un pò la porta dell’inferno. Diverse piscine in continua ebollizione offrono spettacoli di colore e odore diversi, a seconda della natura chimica delle emissioni. L’energia termica della zona ribolle in pozze di fango, schizza verso il cielo con zampilli ed enormi fumarole di vapore. E’ tutto un gioco di fumi, nebbie, soffioni che ti avvolgono all’improvviso e prendono le forme del vento. L’ennesimo scherzo di madre natura, dove i brividi a fior di pelle si mescolano alla potenza, un pò inquietante, della terra. Credete ancora che nel deserto non ci sia vita?

Deserto di Dalì e deserto di Siloli

Attraversiamo un deserto di sassi chiamato dai boliviani di Salvador Dalì perchè disseminato di massi bizzarri che sembrano essere stati accuratamente sistemati dal pittore spagnolo per creare un paesaggio surreale pronto da dipingere. Pietre striate di rosso e giallo, colori saturi e sullo sfondo i 5000 mt del Cerro Amarillo con le sue tinte cangianti. Nemmeno a farlo apposta, un vero “nulla riempitivo”. Altro scenario desertico che incrociamo lungo la pista delle lagune è il deserto di Siloli, uno dei più aridi al mondo, dove la natura crea forme d’arte con la minuzia di uno scalpellino: l’albero di pietra, la piramide rovesciata, la faccia imbronciata. Sono solo rocce vulcaniche scolpite da secoli di vento e sabbia, eppure la metamorfosi in opera d’arte non si nasconde all’occhio umano.

Lasciami, oh lasciami immergere l’anima nei colori; lasciami ingoiare il tramonto e bere l’arcobaleno” (Khalil Gibran)

Parole che ricalcano la vera essenza di questo altopiano, luogo che ti rapisce in un istante perché la Bolivia è l’anteprima di un film non più in bianco e nero, un’emozione costante che lascia un profondo senso di stordimento e appagamento. E merita qualunque sforzo fatto per arrivare quassù.


Qui l’itinerario completo di viaggio del Camino Real in Perù e Bolivia 🙂

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