Dell’Abruzzo conoscevo solo l’Aquila, purtroppo incrociata per lavoro circa 10 anni fa dopo il terremoto. Ferita, puntellata, svuotata, ma potente e con un patrimonio monumentale tutt’uno con il paesaggio agrario storicizzato intorno. Mi ero ripromessa di tornare nella regione d’Italia con il territorio più protetto, la cui parola d’ordine è salvaguardia delle bellezze naturali, ma anche tutela e valorizzazione di un patrimonio fatto di tradizioni centenarie. Ho deciso quindi, dieci anni dopo, di conoscere il suo grande “abbraccio verde” e i suoi 3 parchi nazionali:
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Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
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Parco nazionale Velino Sirente e parco della Majella
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Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
Per ciascuno di questi parchi ho fatto un itinerario di 3 giorni (consapevole che ne servirebbero molti di più) insieme a mia figlia di 12 anni per un totale di 9 giorni in Abruzzo, quindi ogni meta è fattibilissima sia per adulti che con bambini/ragazzi. Inizio dal Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga: 15.000 ettari di estensione, 11 distretti ambientali, una delle riserve naturali più grandi d’Italia. Montagne, foreste e boschi, paesaggi di lecci, querce, pioppi, faggi e betulle, camosci, cervi, lupi, gufi e falchi, campi aperti e coltivati, borgi medievali e un connubio uomo-natura inalterato nei secoli.
Cosa vedere nel Parco nazionale del Gran Sasso
Amiternum: una chicca sabina da non perdere
Dai dintorni de L’Aquila Ovest punto a naso la vecchia “Strada Maestra” SS80 (amata dai motociclisti e dicono molto panoramica) e sulla statale dopo 10 min per primo mi imbatto nell’anfiteatro romano di Amiternum, fondato dai Sabini… li chiamano ruderi…. ma questo é un vero gioiellino augusteo (che poi ora sia chiuso e non visitabile é un mistero inspiegabile!). Vicinissimo alla strada è comunque visibile con le sue splendide 48 arcate su due piani, a forma ellittica, aperte lungo il perimetro, le gradinate potevano ospitare circa 6000 persone…. e stiamo parlando di una città del 293 a.C.!
Fu una prefettura romana fino all’età augustea e poi divenne un centro economico florido sull’antica via Cecilia, la strada per collegare la conca Aquilana con la nostra costa Adriatica. Patria dello storico Sallustio (I secolo a.C.), il nome deriverebbe da Amnis Aternum, il fiume Aterno che attraversava la città. Oltre all’anfiteatro resta il teatro augusteo con una cavea di diametro 54 metri che sfrutta la pendenza della collina, le gradinate potevano ospitare fino a 2000 persone: sono inoltre conservati resti delle terme, di un acquedotto, una domus, oltre a materiale scultoreo e architettonico. Se passate da queste parti è una tappa archeologica da non perdere (sperando l’abbiano riaperta).
Passo delle Capannelle: SS80 una delle strade più belle d’Abruzzo!
Da Amiternum (L’Aquila) a Interamnia (Teramo) o viceversa c’è una strada panoramicissima, considerata come una delle strade più belle del Centro Italia e si chiama“Passo delle Capannelle“. E’ un valico del nostro Appennino che unisce la Valle del Vomano Teramana alla Valle dell’Aterno Aquilana correndo lungo la “Strada Maestra ” SS80 . Attraversa il Parco Nazionale del Gran Sasso toccando l’Abruzzo, il Lazio e le Marche.
Perchè “capannelle”? Per i piccoli ruderi in pietra a guardia dei campi. Ormai abbandonati, servivano da rifugio notturno per i pastori o riparo per attrezzi, perchè il valico era utilizzato dalle greggi durante la transumanza dai monti abruzzesi verso le pianure dell’agro romano. A 1300 mt il valico offre un paesaggio pastorale fatto di pagliare, fontanili, abbeveratoi, oltre a flora e fauna. Un’avventura perfetta en plein-air, in bici (infatti è stato percorso dal Giro d’Italia più volte) o per i centauri, per allontanarsi dal caos e immegersi nella semplicità della vita rurale.
Tutt’intorno lo spettacolo che si ammira è quello del massiccio del Gran Sasso, i monti della Laga e grandi pascoli per mandrie e greggi. Il tratto più bello (e più tortuoso) è alla fine del percorso a 1.300 metri di altitudine quando il valico appenninico, in provincia dell’Aquila, scavalca la catena del Gran Sasso a Sud e i Monti della Laga a Nord. Incrociamo tre anime tutte su due ruote (bici o moto), esultiamo a ogni curva, natura sovrana, deserto umano, aria pulita, greggi e mandrie a valle e picchi di montagne aspre e sole bellissimo. Stradine montanare su e giù (che speri sempre non si buchi la gomma mentre sei su un cocuzzolo con una dodicenne pe immortalare un cardo viola gigante).
Lago di Campotosto, il lago artificiale più grande d’Abruzzo
Raggiungiamo il Lago di Campotosto, un lembo di terra al confine fra Lazio e Abruzzo a 1313 metri, il bacino artificiale più grande d’Abruzzo. Scendiamo a fare un giro sul lago, l’acqua è limpidissima, sono tante le spiaggette accessibili lungo il suo perimento, un luogo ancora oggi per niente antropizzato e commerciale, ci bagnamo i piedi mentre il chiosco con gli immancabili arrosticini profuma l’aria, qualcuno si avventura quassù a fare il bagno. Si respira davvero una pace lontana.
Fino agli anni 30 al posto del lago c’era una cava di torba. Poi l’Enel cominciò a captare le acque del Gran Sasso per la produzione di energia elettrica, costruendo diverse dighe e il paesaggio mutò. Oggi a quasi un secolo di distanza è difficile immaginare Campotosto senz’acqua, con il suo paesaggio alpino e le vette del Gran Sasso sullo sfondo. Il fascino di questa zona è proprio generato dalla natura, dai profumi e sapori della tradizione, dai piccoli borghi semi disabitati che sembrano fermi nel tempo, dal blu del lago che cambia colore nelle diverse ore del giorno, dalle nuvole sulle cime del Gran Sasso e dal silenzio profondo. Qui si possono scambiare parole con pastori e mandriani, ogni gesto lento è fonte di stupore, si può stare bene nella semplicità e nel silenzio ormai ovunque rari.
Il Lago attira moltissimi campeggiatori e sportivi che praticano windsurf, canoa, cicloturismo, pesca, trekking ed equitazione (l’Ippovia del Gran Sasso è lunga 3000 km). Mi piacerebbe tornare d’inverno, perchè ogni anno fotografi da tutta italia vengono nel periodo invernale per il fenomeno del “total white”, ovvero quando l’intera superficie del lago si ghiaccia.
Campo Imperatore, il nostro piccolo Tibet
C’è un “piccolo Tibet” in Italia. E’ Campo Imperatore nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e lo raggiungiamo grazie alla funivia che parte da Fonte Cerreto (frazione di Assergi). Un altopiano che va dai 2100 metri di quota dell’Osservatorio astronomico e scende verso valle e le terre della Baronia a 1800 mt sul mare. I suoi mille scorci con laghi stagionali, pozze, fioriture, canyon e condizioni spesso estreme gli sono valsi negli anni svariati paragoni con le terre estreme della Patogonia, del Tibet e dell’Alaska tanto da guadagnarsi il soprannome di “Piccolo Tibet”. A comandare l’intero altopiano è ovviamente lui, il re dell’appennino, Il Corno Grande del GranSasso d’Italia con i suoi 2.912 mt di elevazione. Dall’altopiano parte il trekking per raggiungerlo in circa tre ore con dislivello 920 mt, in alternativa in 40 minuti circa (più adatto ai ragazzi) si può raggiungere il Rifugio Duca degli Abruzzi in pietra e legno, dove abbiamo pranzato a 2.388 metri. La salita è ripida ma percorribile da tutti, il panorama si mostra in tutto il suo splendore e da lassù ti rendi conto che la montagna abruzzese è brulla, fatta di dossi erbosi e ghiaioni, laghetti, picchi e pianori con un carattere indomito. Un paesaggio da respirare, ascoltare, osservare.
Campo Imperatore ha attratto uomini differenti: sarà l’impronta del territorio o il diverso punto di osservazione. Papa Giovanni Paolo II frequentava questa terra, probabilmente vedeva nella solitudine e nel silenzio del paesaggio un luogo di raccoglimento spirituale. A testimonianza delle sue visite resta una Croce in ferro su una delle cime del Gran Sasso. Ma questo altopiano è stato anche nascondiglio di Benito Mussolini, l’ultima prigione nel 1943, prima di essere liberato dai tedeschi. La sua camera nell’Hotel Campo Imperatore, con gli arredi originali conservati, è oggi un museo a pagamento ed è visitato da curiosi e nostalgici.
Transumanza e pascolo sono attività praticate da sempre, le greggi provengono da Calascio, Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio. Poi ci sono le “mandrie umane” di escursionisti che cercano il trekking o l’avventura: i bikers che trovano in Campo Imperatore lo spazio adatto per sentieri country, i gruppi di motociclisti che organizzano gite all’ombra del Corno Grande e organizzano qui veri e propri motoraduni. Ci sono poi gli amanti dell’equitazione, il più celebre è l’Ippovia del Gran Sasso, un percorso ad anello che gira intorno al massiccio collegando i tre versanti, aquilano, teramano e pescarese per un totale di circa 3000 km, lil più lungo d’Italia. E’ inoltre punto di partenza per le principali escursioni sul Gran Sasso e ascensioni con difficoltà alpinistiche. Per finire nella vallata si colloca la cosiddetta “zona dei macelli”, un concentrato di punti di ristoro fissi con salumi, carni e arrosticini, barbecue per tutti i gusti.
Mi sono chiesta come mai in oltre 40 anni io qui non ci abbia mai messo piede. Follia. Ecco io in Tibet non so se ce la farò mai ad andarci, ma in ogni caso qui da noi c’è una valida alternativa, comoda, raggiungibile, e immensamente nostra.
Rocca Calascio, fra i 15 castelli più belli al mondo
Ci sarà un motivo se Rocca Calascio ha ospitato grandi set cinematografici, tra cui i film Il Nome della Rosa, Ladyhawk, Il Viaggio della Sposa, Padre Pio, L’orizzonte degli eventi, Amici miei, La Piovra? Ora lo so, qui la pietra diventa fortezza e l’uomo aggiunse senza alterare nulla. Un sapere ormai perduto. Siamo a 1460 mt, immaginate una struttura difensiva medievale a pianta quadrata, quattro torrioni cilindrici agli angoli e il maschio centrale in pietra calcarea, lei dominatrice assoluta a 360 gradi di tutta la valle e la piana sottostante. Un territorio impervio “in the middle of nowhere” e il suo punto di osservazione militare. Quindi un set per eccellenza di puro fascino. Tanto che National Geographic l’ha definito uno dei 15 castelli più belli al mondo per la sua particolarità.
Chiunque voglia visitare questa fortezza deve sapere che la rocca è raggiungibile esclusivamente a piedi, quindi bisogna munirsi di scarpe comode e volontà di compiere una passeggiata fattibile di qualche tornante o usufruire delle navette di collegamento tra il parcheggio e il borgo fortificato. Fino ad alcune decine di anni fa attorno alla rocca si estendeva un piccolo borgo totalmente abbandonato dopo una serie di eventi sismici. A partire dagli anni ’80 Rocca Calascio e l’abitato circostante sono stati pazientemente recuperati, e oggi è possibile trovare qui molte strutture ristrutturate dove è possibile sostare, mangiare o soggiornare. Riconvertito oggi in albergo diffuso.
Dopo la rocca il sentiero prosegue fino alla chiesa di Santa Maria della Pietà, un tempio a pianta ottagonale eretto tra il XVI e il XVII secolo sul luogo in cui, secondo la leggenda, la popolazione locale si salvò dall’assalto dei briganti. Il pianoro alle spalle dell’edificio consente di abbracciare una landa antica dominata dalle montagne, regno dell’orso marsicano e dell’aquila reale, e del Tratturo Magno, la strada della storica transumanza che consentiva ai pastori di raggiungere il Tavoliere delle Puglie da l’Aquila. Un panorama incantevole e maestoso.
Santo Stefano di Sessanio, una battaglia di civiltà
L’ultima tappa di questa tre giorni è Santo Stefano in Sessanio, luogo simbolo di tutta la regione perchè custodisce un piccolo centro storico fortificato di incredibile bellezza. Il fascino di questo luogo ha colpito l’imprenditore svedese Daniele Kihlgren che ha qui realizzato il progetto “albergo diffuso” Sextantio, acquistando parte delle abitazioni abbandonate e, conservando l’essenza del borgo, le ha restaurate riconvertendole in alberghi o strutture ricettive. Una storia di abbandono, di rinascita e di grande rispetto insieme. Una fenice insomma, che lui stesso definisce “una battaglia di civiltà, un borgo di architettura minore, primo di cemento, dove vivere come 70 anni fa, coi mobili di allora e tessuti a telaio come una volta”.
Una passeggiata per il paese permette di vederlo praticamente tutto. Si accede dalla Porta Medicea con lo stemma della grande famiglia fiorentina. Da qui è tutto un susseguirsi di scalinate, archi, camminamenti coperti, stradine anguste, botteghe d’artigianato e trattorie dove assaggiare le lenticchie che si coltivano da secoli. E poi ancora case torri e loggiati, ogni viuzza conduce al simbolo del paese: la trecentesca Torre Medicea, crollata purtroppo con il sisma del 2009, i materiali originali di cui era composta la torre sono stati recuperati e riutilizzati per ricostruirla. Anche questa, a modo suo, una storia importante di rinascita…. e non è stata l’ultima perchè Il borgo continua a spopolarsi ed allora il Sindaco ha un’idea per contrastare lo spopolamento; ai cittadini italiani e stranieri che non hanno ancora compiuto 40 anni disposti a trasferire la propria residenza per almeno 5 anni e aprire un’attività, il comune consentirà di accedere ad un’abitazione nel centro storico del borgo con un canone di affitto simbolico.
Un’idea così nuova che perfino la CNN Travel gli dedica un servizio: “Le remote città rurali italiane, soprattutto nelle regioni montuose e nel sud del Paese, hanno subito un esodo di residenti dalla fine della seconda guerra mondiale”, ricorda la Cnn, che aggiunge: “la pandemia del Covid-19, con il passaggio al lavoro a distanza, ha visto un rinnovato interesse per gli italiani che si trasferiscono in zone rurali”.
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