Parco Nazionale Sirente-Velino e Majella in tre giorni: mini-guida e itinerario

Dopo l’itinerario nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, proseguo l’abbraccio verde d’Abruzzo con un secondo post dedicato al Parco Nazionale Sirente-Velino e al Parco della Majella. Sempre una mini-guida a tappe della durata di tre giorni, da abbinare agli altri due itinerari per scoprire e assaggiare questa regione bellissima.

Il Sirente-Velino non era nei miei programmi, ma spesso all’ultimo momento capita di cambiare percorso, così su suggerimento di un amico l’ho incluso. E’ selvaggio e poco inflazionato dai turisti, dal punto di vista naturalistico non ha nulla da invidiare ai parchi vicini, avrei voluto mettere anche la visita ad Alba Fucens, ma tutto non si può fare.

La Majella mi ha confermato le sue potenzialità: un polmone fatto di montagne possenti, valli, cascate, eremi arroccati, borghi e dorsali calcaree. Crocevia di cammini, aree protette dalla Montagna Madre con vette che sfiorano i duemila metri, impervie e selvagge. Sa di richiamo alle proprie radici, di biodiversità e di silenzio rigenerante (anche se quest’ultimo non vale per i periodi estivi più affollati).

Cosa vedere nel Parco nazionale Sirente-Velino e nel Paco della Majella

Grotte di Stiffe: la profondità evocativa del pianeta

@videocredit:Discover Abruzzo

Prenotazione e presentazione obbligatoria 20 min prima dell’ingresso, mascherina, guanti, caschetto di sicurezza, scarpe comode e vestiario adeguato a una temperatura interna sui 10 gradi, gruppo contingentato, guida e via. Entri nel ventre della terra e lì scopri quello che non immagini (purtroppo le foto/riprese sono vietate e metto un video non mio). Le Grotte di Stiffe sono, tecnicamente parlando, una risorgenza, cioè il punto in cui un fiume torna alla luce dopo un tratto sotterraneo.

Entriamo, ricami incredibili di carbonato di sodio, manganese e ferro, colonne, stalattiti e stalagmiti e soprattutto l’acqua cristallina, come seta trasparente, che illumina ogni percorso, galleria, laghetto, sala interna di millenni. C’e un mondo sommerso evocativo qui sotto fatto di energia, luce, colori, acqua e solennità delle rocce carsichee.

La Sala del Silenzio è la prima, qui il torrente zittisce il suo fragore e fa da anticamera ovattata alla Sala della Cascata, l’acqua si getta dall’alto di 20 metri creando un rumore inconfondibile (la portata dell’acqua diminuisce in estate) e si andrà a spegnere di nuovo nella Sala delle Concrezioni, con le espressioni artistiche che la natura creativa realizza. Si passa poi nella Sala del Lago Nero, fermo e statico, arriviamo infine, ad ammirare la bellezza selvaggia dell’Ultima Cascata: stretta, le acque cadono da un’altezza di 25 metri e provocano un vero e proprio boato che domina tutto l’ambiente ed echeggia intorno.

Oratorio di San Pellegrino in Bominaco: una perla affrescata d’Abruzzo!

Qualcosa di commovente si nasconde tra le valli dell’aquilano (e non capita spesso). Qui tra i boschi dove da secoli passa il tratturo e si faceva la transumanza, i monaci benedettini hanno lasciato nel Medioevo un segno di bellezza struggente. È il complesso del X sec. di S.Pellegrino in Bominaco. Prima entriamo nell’Oratorio, piccolissimo, lungo 18,70 per 5,60 metri di larghezza. Un’unica navata e la volta ogivale. Fuori dimesso, solo un micro-pronao. Dentro un meraviglioso ciclo di affreschi del 1263 che ne ricopre completamente la volta e tutte le pareti: l’infanzia di Cristo, la Passione, scene del Giudizio Universale, storie di San Pellegrino e di altri santi e un Calendario di miniature sui mesi. Episodi affrescati ovunque, un abbraccio di colori vivi, di storie vissute e raccontate, un’ arte immediata, realistica, diretta come una freccia al cuore. E’ considerato la testimonianza più importante della pittura medievale abruzzese (e meriterebbe di essere valorizzato con la presenza di guide professioniste).

C’è poi la Chiesa di S.Maria Assunta, romanica, essenziale, tutta in pietra con tre navate e tre absidi, dodici colonne tutte differenti, un ambone del 1180 e un ciborio del 1233 particolarissimi. E, facendo un breve percorso in salita, si arriva sulla cresta del monte al Castello di Bominaco, panoramico, dominante su tutti i versanti intorno: una cinta muraria, una torre cilindrica e i ruderi restaurati . Una vista spettacolare e davvero questo complesso una tappa da non perdere.

Valle dell’Orfento e sentiero delle Scalelle

L’esplorazione del Parco Nazionale della Majella inizia con un classico e un insolito, abbinata sempre vincente. La mattina si va a Caramanico Terme, da dove partono i sentieri per la Valle dell’Orfento. Tra la rete di sentieri percorribili scelgo il Sentiero delle Scalelle, dal Centro Visite ( registrazione obbligatoria) si scende in un canyon profondo, fiabesco, si raggiungono le scenografie disegnate dal corso d’acqua sulla roccia calcarea, ogni tratto ha una nuova prospettiva, pareti altissime, ponticelli e staccionate di legno, si esplora il percorso inciso dal fiume nel corso di milioni di anni e si entra in un paradiso fresco dove l’acqua domina, insieme alle felci, alle grotte, alla vegetazione fitta e alle cascate gocciolanti. Ideale per un trekking adatto alle famiglie di 5 km.

Se invece cercate qualcosa di più impegnativo:

Anello del Ponte Vallone: di 3 ore – 8 km e 180 m di dislivello (sale sul costone della montagna e poi ridiscende nella gola)

Percorsi lunghi: dal centro visitatori in realtà si possono intraprendere anche percorsi più impegnativi di 6 o 8 ore, che permettono di scoprire questa parte d’Abruzzo, come l’anello del Ponte della Pietra ed Eremo di Sant’Onofrio, e Eremo di San Giovanni da Decontra.

Giardino Botanico Daniela Brescia di Sant’Eufemia

Su insistenza di mia figlia “botanica”, visitiamo il Giardino Botanico Daniela Brescia a Sant’.Eufemia ai piedi del massiccio montuoso della Majella. E la piccoletta ha fiuto, eravamo solo noi gli unici visitatori in 5 ettari di giardino curatissimo e stupendo (mistero). Hanno ricostruito in scala alcuni ambienti montani dell´Appennino Centrale, tutte le specie autoctone della Majella, ghiaioni, erbari, boschi montani: la Cerreta, la Faggeta, la Mugheta, l’Abetina, i pascoli aridi montani, la prateria e la torbiera, le piante officinali e le farfalle… abbiamo scoperto persino le splendide rose rugose…e insomma una gran beĺla scoperta.

In una parola qui è la natura che insegna (a chi ha curiosità di imparare).

Eremo di San Bartolomeo in Legio

Avevo visto qualche sua foto ed ero pronta a raggiungerlo a tutti i costi . L’Eremo di San Bartolomeo in Legio, dentro al Parco della Majella, è interamente scavato nella roccia di una falesia prima dell’anno mille ed è uno degli eremi d’Abruzzo più belli. Il modo più semplice per arrivare all’Eremo di San Bartolomeo è attraverso il sentiero che parte da Roccamorice. Potete raggiungere l’eremo anche dalla Valle Giumentina, facendo una bella camminata che scoprirete continuando a leggere l’articolo.

Per arrivare all’Eremo di San Bartolomeo da Roccamorice percorrete in auto la strada in direzione Blockhaus e poi girate a destra verso gli eremi (io invece ho trovato la strada chiusa per lavori e ho dovuto prendere una stradina impervia e accidentata). Dopo pochi minuti troverete sulla destra il ristoro Macchie di Coco e un parcheggio; il percorso che porta all’Eremo di San Bartolomeo parte proprio da lì. La camminata di circa 30 minuti è facile, ma nel tratto finale bisogna percorrere una scalinata irregolare con gradoni abbastanza ripidi.

Eccolo, un balcone sinuoso e suggestivo del 1250, abitato dall’ eremita Pietro da Morrone, come riparo naturale nella roccia. Nell’Eremo solo due miniscoli ambienti, una chiesina con la facciata affrescata e la scritta “ego sum lux mundi qui sequitur me non ambulat in tenebris” e la sagrestia affianco usata come ricovero. San Bartolomeo, nel culto popolare, era guaritore di malattie epidermiche, ogni 25 Agosto si festeggia il Santo con una processione fino all’eremo e attinegendo l’acqua benedetta da una sorgente in fondo alla valle.

Blockhaus e la Tavola dei briganti, un libro di pietra

La Majella, era terra di briganti. Gli eventi legati all’unificazione italiana videro esplodere il fenomeno del brigantaggio con valore delinquenziale, di rivolta sociale o di movimento armato antirisorgimentale. Qualunque sia l’interpretazione, negli anni tra il 1861 ed il 1867 sul massiccio della Majella operarono molte bande, ognuna delle quali aveva un capo e si muoveva in maniera indipendente dalle altre. I briganti conoscevano ogni angolo e ogni segreto della montagna e si nascondevano nei boschi e nelle grotte più inaccessibili. Dopo il 1860, le bande, appoggiate dalla Chiesa e dai Borbone, si armarono contro lo stato unitario e il re Vittorio Emanuele II. Per affrontare l’emergenza del brigantaggio fu necessario l’intervento dell’esercito piemontese. Per i militari, però, la montagna era un campo di battaglia sconosciuto e difficile. Le bande dei briganti dopo aver saccheggiato i paesi giù a valle, scappavano via disperdendosi in piccoli gruppi imprendibili.

Sulla Majelletta fu costruito un avamposto militare, noto come Blockhaus (casa di roccia). Qui briganti e pastori hanno incisero i loro nomi e la loro storia su lastroni di roccia chiara e compatta, lasciando il ricordo della loro presenza. Queste rocce sono la Tavola dei briganti”. Una delle incisioni più belle recita: “LEGGETE LA MIA MEMORIA PER I CARI LETTORI NEL 1820 NACQUE VITTORIO EMANUELE II RE D’ITALIA, PRIMA ERA IL REGNO DEI FIORI, ORA È IL REGNO DELLA MISERIA”.

Molti dei briganti più irriducibili furono catturati grazie al tradimento o alle confessioni forzate dei propri compagni. La repressione fu feroce, in pochi anni le bande furono annientate e l’ordine ristabilito. I capibanda vennero tutti arrestati, fucilati nella piazza del paese o incarcerati a vita. La Tavola dei Briganti è raggiungibile da Passolanciano-Maielletta attraverso un itinerario che, partendo dal rifugio “Bruno Pomilio”, segue un sentiero fino alla Madonnina. Da qui si prende la strada che aggira a destra la vetta del Blockhaus. Passata la cima di Monte Cavallo si giunge ad un incrocio, sulla destra, indicato da una freccia e da un omino di pietra, si segue il sentiero che sale leggermente fino a raggiungere le rocce con le incisioni.

@video credit : Daniele Trotta

Info utili

Se cercate una dritta su dove dormire vi consiglio un agriturismo accogliente, curato in ogni dettaglio e con gestori superdisponibili, io ho dormito qui e mi sento di consigliarlo:

Tenuta Umberto I – Agriturismo Azienda Agricola, via Colli 32, Ripacorbaria (CH)


Qui invece trovate i link agli due post /mini-guide abruzzesi, da abbinare a questa:

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