Venezia: San Lazzaro degli Armeni

Il bello di Venezia è tornarci e non stancarsi mai. Molte volte ho avuto modo di incrociarla, per qualche anno ho abitato nei dintorni, e la realtà di Venezia è duplice, tanto stabile e non soggetta a mutamenti, fedele a sé stessa e alla sua identità, quanto impossibile da possedere, mai la capirete del tutto, ci sarà sempre modo di perdervi passeggiando per le vie della città senza una meta precisa, nel suo intrico di calli, sottoportici, ponti, canali e isole lagunari, solo per il gusto di lasciarsi sorprendere. Come un piacere centellinato, un labirinto di storia, una caccia continua ai tesori nascosti.

Oggi vi parlo proprio di uno di questi, l’isola di San Lazzaro degli Armeni.

Ci sono luoghi che, per quanto meravigliosi, non contano per come sono fatti, ma per quello che rappresentano. E nella laguna veneziana, a 15 minuti di battello da riva degli Schiavoni, ce n’è uno di questi, un avamposto armeno in Italia. Un’isola completamente fuori dalle rotte turistiche, un luogo marginale di cui la storia sembra disinteressarsi per secoli, un angolo d’Oriente finito nelle mani dei  Padri Armeni Mechitaristi, che han deciso di salvarlo dall’erosione della salsedine e dal disinteresse, per farne uno dei più importanti centri di riferimento culturale e religioso al mondo per il popolo armeno.

Non è affatto un luogo di clausura, anzi! I padri accolgono ogni giorno i visitatori (visita al monastero intorno alle ore 15.00). L’isola si annuncia da lontano col suo profilo piatto verde e il campanile a bulbo orientaleggiante. Usciti dall’imbarcadero ci accoglie un melograno, albero nazionale armeno, e il khatchkar in basalto (la tipica croce armena in pietra che un tempo segnava la strada alle carovane) sul piazzale dell’approdo. Veniamo affidati a Zoya, la nostra guida armena, lei è di quelle “di polso”, occhi di ghiaccio e preparazione ferrea. Devo dire che incute un certo timore, così come tutto il contesto 🙂

Varcato il portone ti rendi subito conto che questo microscopico fazzoletto di mondo, nonostante il silenzio e la pace che sembrano immobili, è un condensato della storia di un popolo. Un popolo che si è trovato a vivere in una realtà di frontiera, divisa tra Occidente e Oriente, ostaggio di conflitti tra imperi e popoli (persiani, greci, parti, romani, arabi, bizantini, turchi ottomani, russi), su un territorio dai confini variabili, segnato da continui massacri e deportazioni della sua gente. Di qui la condizione costante di divisione e diaspora, e la necessità di coabitare con altre culture senza perdere la propria identità. Ecco la parole chiave di questo luogo, l’identità, fondata nella tradizione culturale, letteraria, linguistica, religiosa e artistica, piuttosto che nell’appartenenza territoriale.

Ci lasciamo raccontare la chiesa di San Lazzaro, il chiostro porticato del rinascimento, i lunghi corridoi del convento adibiti a pinacoteca, l’incredibile biblioteca che raccoglie i manoscritti armeni, il museo in cui sono esposti manufatti arabi, egiziani e indiani, raccolti nei secoli dai monaci o donati al monastero grazie ai lasciti di facoltosi armeni provenienti da tutto il mondo.

S.Lazzaro degli Armeni è un’accademia letteraria: qui opere scientifiche, letterarie e religiose venivano tradotte in armeno e c’era una tipografia poliglotta (1786) con traduzioni in 32 lingue, una pinacoteca, un museo, una stamperia di fine XVIII sec., dove sono conservati reperti archeologici egiziani, orientali e romani. E una ricchissima biblioteca con saggi (migliaia di antichi volumi e manoscritti miniati) che non trattano direttamente il tema del genocidio del popolo armeno, ma hanno un ruolo simbolico. La cultura diventa forma di resistenza al tentativo dei nazionalisti turchi di cancellarne l’identità. Non soltanto attraverso il genocidio ma anche con la distruzione del suo millenario patrimonio culturale, delle chiese, dei monasteri, dei cimiteri, dei luoghi della memoria divenuti simboli di una identità minacciata. Per questo i tomi  e i tesori custoditi sono vere fonti d’orgoglio.

E oggi? Oggi è un autentico centro di libertà, cultura e spiritualità.

Nell’isola vivono monaci, seminaristi e studenti armeni che studiano la lingua e la cultura sia  italiana che armena e il monastero è un’oasi di pace nascosta tra giardini fioriti, cipressi e pini marittimi. A proposito i monaci armeni coltivano da secoli numerose varietà di rose, alcune rarissime. Una tecnica secolare ne imprigiona i profumi nella Vartanush, la marmellata di petali di rose (dicono squisita). Pare che la produzione artigianale sia molto limitata, ma se passate da Giugno a Novembre avete speranza di portarvene via un vasetto 🙂

Informazioni utili:

L’isola di San Lazzaro degli Armeni è aperta solo in alcuni orari ai visitatori, quindi dovete per forza soggiornare in città. Vi suggerisco di dare un’occhiata all’offerta di Best Western, che ha anche diverse proposte per i weekend primaverili in arrivo. Qui trovate tutti gli hotel a Venezia della catena, non vi resta che pianificare il viaggio.

Visite: 15.25-17.25 (visita unica guidata tutti i giorni)
Ingresso: intero € 6 ridotto, riduzioni per gruppi (min 35 pax) € 4,50. Bambini e studenti € 3

Indirizzo: Isola di S.Lazzaro degli Armeni cap 30100 – Venezia
Telefono: (+39)0415260104

E-mail: info@mechitar.org
Linee Actv: num 10/20 fermata S.Lazzaro ( da San Zaccaria alle ore 15.10)


post scritto in collaborazione con Best Western

 

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2 Comments

  1. Non mi stancherei mai di visitare Venezia, ho vissuto per sei mesi a pochi km, ci sono stato spesso. Anche adesso ogni tanto faccio una fuga con la mia famiglia.

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    • Anche io ho vissuto in provincia di Venezia per 4 anni e ogni volta tornare era una garanzia di sorprese. Anzi ora che ci penso è un pò che non torno e mi manca proprio.

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