Se dovessi scegliere il luogo in tutta la Sicilia Orientale che mi ha colpito di più in assoluto per autenticità e carattere, non avrei dubbi: è Scicli. Scicli è un abbraccio avvolgente, Scicli è il barocco sulle caverne carsiche, Scicli è l’eleganza delle sue chiese, Scicli è Il Commissario Montalbano, Scicli è i suoi Tre colli, Scicli è un sogno urbanistico reale, Scicli è atmosfera antica e gente ospitale. E soprattutto per me Scicli è stata una sorpresa inaspettata, una tappa inserita alla svelta all’interno di un itinerario, che pensavo completasse semplicemente un puzzle, e invece, suggestiva com’è, da sola vale il viaggio. Perché nella sua disarmante semplicità ci trovi la Sicilia più bella.
«È la più bella città che abbiamo mai vista. Più di Piazza Armerina. Più di Caltagirone. Più di Ragusa, e più di Nicosia, e più di Enna. Più di Modica e più di Gela… Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle.»
Elio Vittorini, Le Città del Mondo, 1969
video credit: @Gianni La China
Di certo un articolo di una travel blogger, e forse anche le parole di uno stimato autore siciliano, possono solo rendere un’idea di cosa voglia dire passare un po’ di tempo sui suoi lastricati, in mezzo alle salite e alle discese, tra muri antichi e dirupi da ogni parte, in un semicerchio di valli, tetti ammucchiati, campanili e nel calore di un tardo pomeriggio. Scicli e’ una cittadina di quasi 30000 mila anime della Sicilia Iblea (la parte meridionale dell’isola), all’interno della Valle di Noto, ma una volta dentro lascia a bocca aperta. Scicli offre un mix di architettura sacra e profana, di natura e costruito organico, di pietra calcarea e dimore patrimonio Unesco. Il paesaggio rupestre e preistorico si intreccia col barocco in un gioco raffinato.
Ma vediamo qualche spunto concreto per scoprirla in un giorno:
Il panorama dal Colle di San Matteo
Se volete avere subito un colpo d’occhio panoramico su tutta Scicli, salite sul Colle San Matteo. Per arrivarci accedete dalla centralissima piazza Italia, procedete da via Penna trovando sulla destra via Matrice, qui inizia una stradina in salita che arriva prima alla chiesa di San Vito e poi , su in alto, alla Chiesa di San Matteo. Dal belvedere si domina tutta Scicli nel suo splendore. Centinaia di abitazioni in pietra spuntano dai dirupi con così tanto rispetto del paesaggio circostante da sembrare parte d’esso. E’ una specie di galleria d’arte diffusa, il sole è alto nel cielo e l’effetto che provoca, riflettendosi nella tipica pietra bianca del luogo, mi ricorda i paesi arabi: difficile tenere gli occhi aperti di fronte a tanta luce.
La Chiesa di San Matteo (patrono dell’antica città e protettore dei naviganti) è stata la Chiesa Madre fino al 1874 ed è per gli sciclitani un punto fermo, gli spazi sottostanti sono stati adibiti da sempre a cripta per sepolture e qui si veneravano le reliquie del Beato Guglielmo, immerso in una tinozza piena d’acqua e gocce di quell’acqua benedetta furono bevute da migliaia di malati di peste, che guarirono immediatamente. Purtroppo oggi non è accessibile, i vandali l’hanno “consacrata” a loro luogo rituale, vetri rotti all’ingresso, scritte sui muri e stato di degrado non rendono giustizia a uno splendida pianta basilicale, al pavimento in pietra bianca e nera di Ragusa e alla bellezza decorativa interna. Dovrete accontentarvi come me di dare “una sbirciatina” da fuori, speriamo presto torni ad essere accessibile e trattata con rispetto come merita.
Il Parco di Chiafura e le grotte trogloditiche
Chiafura non è distante dalla chiesa di S. Matteo, sul fianco della collina si apre un enorme numero di antri, dette le cento bocche di Chiafura, popolate fino all’inizio degli anni ’60. Armatevi di scarpe comode e andate alla scoperta delle grotte trogloditiche (chiedete prima info su quali parti sono visitabili perché ancora non è tutto accessibile per problemi di sicurezza), abitate dalla preistoria e note come “le cave”. Si entra nella sostanza, nel luogo più sconvolgente di Scicli in cui hanno trovato riparo per secoli gli indigenti della città, dove la bellezza naturale si mischia alla storia degli ultimi: è il Parco archeologico di Chiafura, paragonabile ai Sassi di Matera per valore storico, etnografico ed archeologico. Ma molto meno valorizzato.
Chiafura era una città a parte: dotata di ingressi dall’esterno, di abitazioni di diverse dimensioni, di luoghi di culto, di infrastrutture per l’approvvigionamento idrico, di orti, appartiene alla cultura delle architetture rupestri del bacino mediterraneo. Le caverne, infatti, sono esistite in tutto il mondo fin dal paleolitico. All’inizio le grotte naturali servivano da rifugio, successivamente, con la nascita dei primi villaggi, svolsero fondamentalmente funzioni di necropoli. E’ tutto un saliscendi di balze e gradoni, tra queste pietre hanno trovato rifugio i diseredati, andando a vivere nelle grotte come gli uomini primitivi, senza luce né acqua e privi pure dei servizi igienici. Molte sono ormai abbandonate, mentre alcune di quelle più vicine alla strada sono usate come cantine o deposito.
video credit: @Storie Enogastronomiche
Il palazzo Beneventano e San Bartolomeo
E’ ora di riscendere verso il centro e addentrarsi nel cuore barocco di Scicli. Il primo consiglio è di gustarvelo senza meta, con gli occhi alzati e l’attenzione ai dettagli, perché qui i grifoni, i mostri irriverenti, le teste di moro, le balaustre panciute decorate con animali fantastici, vi aspettano ad ogni angolo. E’ la piena espressione dello stile barocco coi suoi giochi di luci e ombre, i prospetti curvilinei, gli scorci scenografici. Ma ora veniamo alle citazioni d’obbligo.
La prima tappa in via Duca d’Aosta è il Palazzo Beneventano, vero capolavoro e principe dei palazzi nobiliari, con la luce del sole sembra illuminarsi d’oro e i ‘mascheroni’ sono una caratteristica tipica del barocco della Val di Noto: a quell’epoca si usava dimostrare l’importanza della famiglia, rispetto alle altre, anche con mascheroni beffeggianti, magari provavano a fare paura a solo guardarli, a chi passava in quella strada, specialmente di notte. Altra tappa d’obbligo è la chiesa di San Bartolomeo, abbracciata da un canyon naturale, del XV secolo, fu l’unica a resistere al pauroso sisma del 1693. Fuori sontuosa, austera, neoclassica ma dentro tutta affrescata e con un presepe ligneo unico del 1573 e statue alte un metro.
La Vigata di Montalbano
Scicli è l’ambientazione de Il commissario Montalbano. Il Municipio del paese è, infatti, il palazzo del commissariato nell’immaginaria cittadina di Vigata e, l’ufficio del sindaco è, nella serie, l’ufficio del questore. La Vigata cinematografica si snoda tra le vie del centro con protagonista la Via Francesco Mormino Penna dove la Fiat Tipo del Commissario sfreccia e poi parcheggia davanti al Palazzo del Municipio.
Il Commissario Montalbano, fenomeno televisivo dal potere straordinario in fondo è diventato la miglior campagna di marketing territoriale possibile per Scicli. Ma se proviamo un attimo ad andare al di là della bellezza dei luoghi in cui è girato e della trame sempre intriganti ed ironiche uscite dalla penna arguta di Andrea Camilleri, qual è la Sicilia rappresentata nella fiction? Una Sicilia grassa, placida, colorita nel linguaggio, abbandonata ai suoi vizi. Sarà forse un po’ troppo lo stereotipo della Sicilia?
L’ospitalità diffusa e il mangiare a km zero
Alla sera potete optare per un “dormire etico”, scegliendo a Scicli di alloggiare attraverso la soluzione dell’Ospitalità diffusa , presente nel centro storico o più in campagna, in case accuratamente restaurate e arredate, messe in rete dai cittadini. Un modo di accogliere gli ospiti più etico e sostenibile, e per entrare in contatto con gli abitanti e la realtà di Scicli.
Il re dei prodotti a km zero, invece, è il mercato: a Scicli lo troverete il martedì nella contrada Zagarone. I prodotti tipici sono ovviamente i pomodorini, le melanzane, i formaggi a pasta dura di pecora, gli insaccati, i dolci a base di pasta di mandorle, le panelle, i taralli, e il pesce fresco. Ci sono anche negozi del centro che propongono le specialità sciclitane introvabili altrove: i cuddureddi (gnocchi di mandorla ripieni e cotti nel mosto d’uva), il latti quagghjatu (il budino), il gelo di limone (infusione del frutto raffreddata e rappresa), i tavulittini (biscotti secchi simili ai savoiardi) e gli immancabili cannoli. Auguri ragazzi 😀
Interessante ed avvincente ogni descrizione dei paesi visitati. Complimenti
Grazie mille 🙂