Brasile: sul Delta do Parnaíba tra caranguejos e jacarès

Dopo l’anticipazione dell’esperienza con gli ibis scarlatti torno al Delta del fiume Parnaiba, dove Parnaíba città è la sua porta d’ingresso. Sembra legata al passato: vie larghe, piazze alberate, case coloniali, una nostalgia di inizio secolo quando il porto era il più importante di tutta la zona. Il tempo di arrivare al Porto das Barcas e trovare la nostra barca sulle sponde del fiume. Oggi ci sono le voadeiras, barche a motore, ma sul delta piccoli gozzi e piroghe sono le imbarcazioni più utilizzate.

Boa sorte, che la traversata abbia inizio. Oceano e fiume si mischiano, foresta e deserto, palmizi e mangrovie, il bello del Delta del Parnaiba è che non lo immagini prima questo Brasile insolito e meno conosciuto incastonato nel Nord-Est, ai confini dell’Amazzonia. Il barcaiolo che ci accompagna ha dei tratti somatici che parlano charo: lineamenti fieri, corporatura volitiva, occhi verde chiaro e uno sguardo che taglia, la sua faccia mi catapulta tra gli indios, tra i fiumi amazzonici. Non lo so spiegare, si sente un’eredità indigena, forse è quella libertà che concede il percorrere immensi spazi senza doversi sottomettere a nessun padrone se non il fiume.

 

video credit @Delta do Parnaiba

Il delta del Parnaiba è uno dei pochi delta a mare aperto del mondo, un arcipelago verde. E’ composto da 80 isole con una superficie totale di 2700 km2. La mappa del delta ricorda la forma di una mano con 5 isole: Tutóia, Melancieira di Carrapato, Caju, Canariuas e Barra do Rio Igaracu. Di fronte a me un’enorme distesa d’acqua dolce si riversa in quella salata dell’oceano, la percorriamo in velocità zigzagando per evitare le secche. Tutto il Delta è luogo di un delicato equilibrio tra vegetazione, macachi, caymani, tartarughe, ibis scarlatti e urubù, avvoltoi piccoli e neri con la testa spelacchiata, vento, barche arenate, riverbero del sole sull’acqua, capanne per ripararsi dal sole e cani sdraiati alla loro ombra.

Qui l’arte di navigare ha sempre voluto dire una cosa sola: poter sopravvivere. Ci accostiamo a una sponda, in mezzo alle radici delle mangrovie ci sono dei pescatori di caranguejos (granchi) con grossi granchi impilati. In tutto il Delta l’attività principale è proprio la raccolta dei granchi, i pescatori infilano le braccia nella melma fino all’ascella e tirano fuori con le mani nude decine e decine di granchi con cui verrà preparata la moqueca delle mangrovie, ambitissima specialità locale. Ma in fondo qui restano le briciole: la fatica e i pochi reais per ore in mezzo al fango, cosparsi di benzina per difendersi dalle zanzare. Ogni cinquanta granchioni, un chilo di polpa. I guadagni vanno altrove, dove i granchi verranno rivenduti ed esportati.

Prima le cose giravano meglio. Questo era il regno della carnauba, una palma dalla cui radice si ricavava un rimedio contro la sifilide, dal palmito vino e aceto. I frutti servivano come mangime per il bestiame, i tronchi come pareti di casa, la cera per le candele o i primi long-palying dei dischi in vinile. Poi è arrivato il petrolio e con gli scarti si è cominciato a produrre tutto ciò che prima si faceva con la carnauba. Oggi la carnauba non rende più, la raccolta dei granchi è un lavoro difficile e c’è ancora poco turismo privilegiato (in realtà una gran fortuna!).

Tutto sembra immutato da secoli. La navigazione da Parnaiba a Tutoia è lunga, sono circa 7 ore, quindi la spezziamo fermandoci una notte in una delle poche pousade sul Delta. Una torretta aperta di legno, con le amache e una vista mozzafiato sul delta, è accompagnata da una frase “relaxe na rede, entre no clima” (rilassatevi sull’amaca, entrate nell’atmosfera), consiglio che calza a pennello in questo contesto intatto. Tutto idilliaco, finchè scopro che a farmi compagnia in camera nella pousada, molto carina ma decisamente basica, ci sono varie rane e insetti e un micro-bagno con spazi ridottissimi a prova di clientela sovrappeso. Ma tant’è, basta starci il meno possibile!

Infatti per la serata il programma prevede un safari notturno alla ricerca degli jacarès (piccoli caymani), secondo voi me lo sono perso?

Verso le 22 ci aspetta una canoa per un’immersione nella vita notturna dei canali minori, qui è facile avvistare i piccoli di caymano. Due barcaioli ci accompagnano, uno in fondo provvede con un remo a farci avanzare silenziosi ed uno davanti fa da vedetta, munito di una torcia, per illuminare acque e sponde alla ricerca del nostro obiettivo. Scivoliamo lenti in labirinti di fanghiglia e mangrovie, tra camaleonti arrotolati sui rami, un capibara che all’improvviso fa un tuffo vicino alla nostra canoa e ci fa prendere un colpo, branchi di pesci di cui vediamo solo tanti occhietti spuntare dall’acqua, nella notte i rumori della natura si acuiscono, la curiosità e anche un discreto timore dell’ignoto aumentano.

Poi iniziano le sorprese, da lontano vedi solo due occhi vigili che illuminati dalla torcia spiccano in mezzo all’acqua, immaginate tutto nero intorno a parte la luce della luna e questi due grandi occhi luminosi all’orizzonte. Il barcaiolo alza il braccio, è il segnale che dà la direzione, non è facile individuarli, i piccoli sono nascosti bene tra le radici delle mangrovie. Ne vediamo diversi in 2 ore di safari notturno, a un certo punto il barcaiolo estrae una specie di canna lunga con un cappio in fondo, si avvicina a uno jacarè che incredibilmente resta immobile, lo pesca e lo tira su prendendolo per il collo tra le sue rimostranze.

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Quasi 1 metro di jacarè sulla nostra canoa, il piccolo si tranquillizza, il barcaiolo lo tiene fermo e ci invita ad accarezzarlo, la sua schiena è incredibilmente liscia e secondo me lui intuisce che siamo innocui, anzi abbiamo più paura noi di lui. In passato fu quasi sterminato dai cacciatori per la pelle pregiata, ma da quando è protetto è tornato a popolare in massa le acque brasiliane. Di giorno stanno nascosti tra le erbe acquatiche, per proteggersi da aironi o cicogne, di notte escono furtivi a caccia di insetti o lumache, e man mano che crescono si cimentano con prede sempre più grosse. Potrebbero diventare lunghi fino a due metri e mezzo ma per ora sono ancora in fondo alla catena alimentare, e devono solo cercare di non farsi vedere.

Lo rimettiamo al suo posto come è giusto che sia, per tornare alla nostra pousada con un ricordo indimenticabile in più.

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