Arequipa: storie di clausura, sacrifici umani, jugos e picanterías

Arequipa di certo non passa inosservata. Siamo nel Sud del Perù tra una corona di vulcani, El Misti 5500 mt spicca all’orizzonte, poi il Chachani e il Picchu Picchu. Siamo in una città colta, la città di Vargas Llosa, scrittore vincitore nel 2010 del Nobel per la letteratura, sede della Corte Costituzionale, le targhe d’avvocati sparse ovunque lo fanno presente. Siamo in una città Patrimonio mondiale dell’umanità Unesco, ed è facile capirne il perchè.

Ciudad blanca o arcobaleno?

Lei è nota a tutti come ciudad blanca, perchè Arequipa è stata costruita soprattutto con il sillar, un tufo di origine vulcanica biancastro, in effetti è abbagliante, assolata, ariosa. Il biglietto da visita è Plaza des Armas, un quadrilatero di edifici porticati, una cattedrale di dimensioni impressionanti neorinascimentale ma anche un grande giardino, una fontana, un punto d’incontro e crocevia di vita quotidiana. Arequipa colpisce perché non è una realtà affatto neutra, questa città è vivace, coloratissima, meticcia, eclettica, piena di energie. E’ movimento, rumore, sapore, vita, la strada che ti porta con sè e tutta la sua gente. E’ vulcanica come la natura che la circonda. Tutto un saliscendi, uno strombazzamento, un formicaio, un mercato brulicante, una sorpresa continua. Di Arequipa puoi sentire sulla pelle la sua vitalità, che contrasta forte con la sobria e neutrale definizione di città bianca.

Spagnola o peruviana?

E’ nata spagnola, la sua popolazione è di origine più bianca che india. Ma ad Arequipa le parti s’invertono: il mondo andino lascia spazio ad un’atmosfera spagnola, andalusa nella planimetria, coloniale nell’architettura delle casonas tradizionali e peruviana nell’atmosfera mista di gente di origine spagnola e meticcia. Per capire fino in fondo questo stile eclettico, bisogna entrare nel complesso della Compagnia del Gesù. Già dalla facciata è chiaro che se i suoi architetti furono spagnoli, di certo non lo furono i costruttori. Sulla facciata barocca frutti locali e volti meticci scolpiti in puro stile arequipeño, nel chiostro colonne quadrate, bassorilievi con fiori rampicanti s’intrecciano con angeli, santi, mais e frutti tropicali, trionfa il barocco locale. Nella cappella reale, un affresco d’arte indigena con le piante e gli uccelli dell’Amazzonia, rossi e verdi forti, gialli solari accesi, brillano come oro.

Storie di clausura, sacrifici umani, jugos e piquanterias

Questa città tra cultura, strade animate, vie dello shopping, filati di lana d’alpaca e vigogna, e gastronomia offre spunti davvero interessanti. E così ci sono, a parte Plaza des Armas e la Iglesia de la Compañia, altri punti imperdibili a cui fare una visitina, se potete con calma perchè Arequipa merita tutta la vostra attenzione di viaggiatori:

# visitate il Monastero di Santa Catilina

Santa Catilina è un mondo a parte, era una città delle donne, quelle nobili, ricche e altolocate si intende. Nessuna celletta, qui le stanze erano grandi, decorate, con annessa cucina e stanza della servitù. Tutta la struttura è un dedalo di architettura coloniale e cortili, patii e chiostri ornati con i colori accesissimi del Perù’; un monastero color porpora, ocra con inserti di un intensissimo azzurro. Chiostri di aranci, cappelle con Cristi sofferenti, storie di novizie e madri superiori, il chiostro del silenzio, la piazza dei lavatoi con i mezzi orci usati come vasche, una fusione tra arte, colore e misticismo con una pinacoteca finale abbastanza impressionante per qualità. Le poche suore rimaste in clausura per scelta vivono in un’area non accessibile, hanno una piccola attività, producono saponi al prezzemolo, creme alle rose, che vendono ai visitatori del convento. Per me è una tappa veramente imperdibile.

# bevetevi gli jugos del Mercato di San Camillo

I mercati peruviani sono in generale un’immersione nella loro realtà, il San Camillo di Arequipa è un vero piacere per gli occhi e per il palato, poco turistico e fatto soprattutto per la gente del luogo. E’ un tripudio di forme, cromie, sapori, tutto esposto con ordine, diviso in Sección e parte precisa di un sovraccarico visivo. Entrate, ascoltate, annusate e non abbiate paura di Montezuma! Il costo di un jugo de naranja o maracuja potrà sembrarvi un po’ alto ma considerate che vi verrà servito circa mezzo litro di succo, ottenuto dalla spremitura di 6/7 arance. Ogni bancarella offre degli sgabelli di legno in cui sedersi per consumare il succo, servito in comuni bicchieri di vetro. Quando si raggiunge il fondo del bicchiere, la signora lo riempie nuovamente fino a quando il vaso del frullatore non sarà svuotato. E se non riuscite a finirlo tutto in una volta portate con voi una bottiglia da riempire per portarvelo in giro.

# andate a vedere Juanita, la niña de los hielos, al Museo Andino

In passato le popolazioni andine compivano sacrifici umani in onore degli Apu, le divinità-montagne, veniva scelta la capacocha, ossia la vittima sacrificale, era una vergine di 12-14 anni, di buona famiglia, ed essere scelta era un grandissimo onore. Vestita per l’occasione, veniva portata con un corteo a scalare le vette, le veniva fatta bere la chica, bevanda a base di mais a fermentazione naturale, per intontirla lentamente e farla scivolare nel sonno. Poi un colpo in testa, secco. Juanita fu sacrificata al Nevado Ampado e preservata per secoli intatta dai ghiacci. Ritrovata negli anni ‘90, riposa oggi in una teca a -20 gradi del Museo Andino, rannicchiata, congelata, minuscola. In una saletta semibuia potete osservarla attraverso una bacheca surgelatore che la mantiene sotto zero e senza umidità, si vede ancora il “colpo” che le hanno dato in testa per ucciderla, fa una certa impressione!

# mangiate in una Piquanteria

La Ciudad Blanca si può apprezzare nelle cosiddette picanterías. Prima erano le chicherías (in case private), dove si produceva e si vendeva la chicha, bevanda di mais viola fermentato. La vendita della bevanda era abbinata a pietanze dal sapore piccante e così nacquero nel XIX secolo le picanterías, locali popolari dove vengono preparati piatti legati alla tradizione come il rocoto ripieno (tipo di peperone piccante cotto in forno, ripieno di carne tritata, spezie, formaggio, uova e latte), il chicharrón de cerdo (ciccioli di maiale),l’adobo dominical (carne o pesce crudo marinato) e il queso helado (gelato a base di latte, cannella, cocco e spezie)…e poi se avete coraggio il cuy chactado, il porcellino d’india, grigliato o fritto, accompagnato da patate e verdure. Oggi sono circa quaranta le picanterías tradizionali di Arequipa, sono locali con lunghi tavoli, panche, vasi in terracotta e una stufa a legna grazie a cui vengono ancora oggi preparate le circa 700 ricette documentate.

# godersi il panorama dal belvedere Yanahuara

Se alla fine volete abbracciare Arequipa con lo sguardo e rendervi conto ancora meglio della sua posizione e l’imponenza dei vulcani, è necessario raggiungere Yanahuara, un quartiere di Arequipa si trova a circa 2 miglia dal centro città. Nella piazza centrale un insieme di archi costruiti nel XIX sec., con incise nella pietra le parole degli abitanti celebri. Ha una splendida vista sui tetti di Arequipa e sul vulcano Misti, una chiesa barocca con un secolare albero di molle, l’albero del falso pepe dalle bacche rosa. Su uno degli archi questa scritta:
Años se ha batido Arequipa, bravamente para conquistar instituciones para la patria, no se nace en vano al pie de un volcán. “Per anni Arequipa ha combattuto con forza per conquistare le istituzioni per la patria. Non si nasce invano ai piedi di un vulcano.”

Informazioni pratiche

  • Per girare il centro storico potete affidarvi gratuitamente alle guide di Free Walking Tour: perfetti per conoscere la città, guidati da studenti universitari che, come ricompensa per il loro tempo e le loro conoscenze vi chiederanno solo una mancia libera a fine tour. Il ritrovo è qualche minuto prima delle 14:00 nella Casona de Santa Catalina, davanti al monastero, che è anche la prima tappa del tour. Il tour pomeridiano dura circa due ore e mezza, con possibilità di guida sia in inglese che spagnolo.
  • L’ingresso al Monastero di Santa Catilina per chi volesse fare la visita completa è di 40 Soles (più 20 se si vuole la guida), 12.50 USD. Personalmente consiglio sempre in questi casi l’opzione guida. Sul sito ufficiale trovate tutte le informazioni.
  • L’ingresso al MUSA Museo Santuarios Andinos per Juanita è di 20 USD (decisamente caro), all’ingresso dovete depositare zaini e macchine fotografiche, cellulare incluso. Quindi scordatevi il selfie con la mummia!
  • L’ultima dritta va alla tradizionale Picantería La Benita di Characato, un locale storico che è insieme museo dedicato alle picanterías, in un cortile interno a pochi passi da Plaza de Armas. Qui sono esposti i prodotti tipici e gli attrezzi tradizionali. Lo trovate in Calle Moran 118, Int. 13, Primer Patio, Claustros de la Compañía; aperto lunedì-sabato dalle 10 alle 20.
Qui l’itinerario completo di viaggio del Camino Real in Perù e Bolivia 🙂

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