Hammam (o meglio hamam): bagno turco a Istanbul

Un leggero strato di vapore, una nebbiolina densa che sale dalle vasche fino alle volte in pietra mi dà subito l’illusione di essere in un luogo evanescente, dove tutto è mascherato da un velo. Oggi i miei ricordi di viaggio sono in un hamam di Istanbul, il bagno turco, dove i contorni sono resi meno netti e la realtà sfuma, si confonde con l’apparenza. Prima di continuare vorrei fare una piccola precisazione linguistica: hammam è la pronuncia araba, mentre hamam è quella turca. Detto questo:

“Una città senza un hammam è una città incompleta.”
(Scheherazade, Le Mille e una Notte)

Nulla di più vero, specie se la città in questione è Istanbul. Visitare Istanbul e perdersi questo spaccato di vita turca, di pura suggestione, sarebbe un delitto e così ne scelgo uno dei tanti, il  (pare sia il più antico e dicono sia tra i più belli di Istanbul). Da fuori non è niente di che, ma è normale, i progettisti non davano molta importanza alle facciate e il bagno si costruiva tra altri edifici per non disperderne il calore.

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Una volta entrati, preparatevi…non è tutto oro! Si, confermo, è un po’ troppo turistico. Sì, è ruvido come metodi. Si, se siete particolarmente schizzinosi lasciate perdere subito. Però è sempre un’esperienza e secondo me vale la pena provarla (e anche il prezzo dell’ingresso sui 30 €). Io punto la sveglia presto e ci vado di mattina, pare sia l’unico modo per evitare la ressa e godersi un po’ di tranquillità, senza avere la sensazione di essere uno dei tanti “polli” in batteria.

Negli Hamam vige la separazione dei sessi (quasi tutti), quindi entriamo io da una parte, mio marito dall’altra. Poi iniziano le tre zone di rito:

  1. il camekan, uno specie di vetibolo/spogliatoio, in cui puoi sederti, rilassarti, bere una tazza di thè, ti spogli in cabine di legno e ricevi il pestemal, un tessuto che serve a coprire le parti intime.
  2. il soğukluk, una stanza di mezzo riscaldata dove acclimatarsi prima di entrare nei vapori sulfurei del bagno vero e proprio;
  3. l’ hararet, il vero e proprio cuore dell’hamam, la grande stanza immersa nella penombra con al centro una grande lastra di marmo caldissima e convessa, göbektaşı.

Dopo essermi assuefatta al calore nella stanza di transizione, entro nell’hararet. Qui non ci sono finestre e la luce filtra esclusivamente dagli “occhi di vetro” della cupola e si mescola tenue al vapore, creando un’atmosfera immobile e illusoria.

Mi distendo a pancia in su sulla grande lastra rialzata, avvolta dai fumi, e inizio a sorridere, perché nonostante le altre presenze, nonostante sui bordi si diano da fare dei donnoni incaricati di strigliare a dovere le malcapitate (poi vi dico il perché), tutto quello che devi fare è guardare il soffitto e i giochi di luce, lasciarti avvolgere dal grande tepore e sudare, sudare, sudare. Sensazione impagabile 😀

E lo spazio intorno è veramente fantastico, costruito nel 1584 da Sinan, architetto del sultano. Colonne di marmo e soffitto a lanterna, fontanelle e lavabi con acqua corrente per rinfrescarsi, nicchie a semicerchio per il relax. Peccato aver avuto addosso solo un telo di cotone e la chiave dell’armadietto, con dentro i propri averi macchina fotografica inclusa, e che debba tutto restare solo nella memoria….sai che foto sarebbero venute!

Arriva il mio turno, il donnone turco seminudo mi chiama…non ho scampo, sono sotto le sue grinfie, così minuta e nuda anch’io. Lei usa una specie di federa, la gonfia e spreme la schiuma di sapone su di me, mi lava completamente, poi prende in mano un guanto di crine e strofina, mi strofina vigorosamente. Due cose non dimentichi, le sue mani sapienti e insistenti (forse un po’ troppo per i nostri standard occidentali) e quel marmo tiepido che è meglio di qualunque lettino. Si chiama kese ed è la tradizionale pulizia-scrub della pelle.

PicMonkey Collage

Poi scatta il massaggio, intenso ed energico, rude come il resto, 10 minuti di “giostra”, ti senti uno straccio nelle sue manone, può fare di te un po’ quello che vuole. Finito il massaggio il donnone procede al lavaggio finale con acqua calda e sapone. E tu pensi: già finito? E ti faresti strapazzare un altro bel po’ 🙂 ma tant’è ti alzi e torni a chiudere gli occhi e rilassarti, a bazzicare per i cunicoli laterali a 40 gradi e sulla pietra centrale.

Quando decido di aver sudato abbastanza e di avere la pressione sotto i piedi, che è ora di uscire, faccio il numero. Ecco sono sempre stata maldestra, e quest’ambiente vaporoso e scivoloso dovevo immaginare che mi aspettasse al varco! Sono sul lastrone centrale, rialzato di circa 100 cm da terra, non so per quale motivo ma ho la brillante idea di saltar giù con un agile balzo. Peccato la superficie umida, la condensa dappertutto, e il marmo scivolosissimo.

L’epilogo è immaginabile, pattino sul marmo e prendo una schienata per terra, tra gli sguardi attoniti delle signore. Ma, come non bastasse, due donnoni turchi (quelle dei massaggi) si fiondano su di me con due secchi pieni di acqua ghiacciata e me li girano all’istante addosso, facendomi una doccia disinfiammante. Uno shock termico più che la botta. E chi se lo dimentica più il Çemberlitas!

Se avete intenzione anche voi di fare un viaggetto in Turchia e visitare Istanbul (di cui vi parlerò anche in altri post) questo è il link del Çemberlitas , potete andare qui anche se occhio alle recensioni e soprattutto occhio agli orari in cui entrate. E mi raccomando, occhio soprattutto alle pattinate 😀

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