Myanmar (Birmania): Intha, i Figli dell’Acqua del lago Inle

Se chiudo gli occhi e penso a un luogo in particolare del Myanmar, allora visualizzo di sicuro il lago Inle. Qui abita l’etnia degli Intha, il cui nome significa letteralmente Figli dell’Acqua. Scrivendo di questo argomento mi viene in mente una frase letta prima di partire, e di cui allora non comprendevo ancora il significato:

“Le persone che hanno avuto la possibilità di visitare la Birmania portano nel cuore, anche dopo mesi o anni dal viaggio, un sentimento particolare e indefinibile, fatto un po’ di nostalgia ed un po’ di gratitudine, come se la Birmania fosse per loro una dimensione dell’anima piuttosto che un luogo geografico.”
(Antonio Girardi)

È tutto vero, soprattutto qui. Il lago Inle ha qualcosa di speciale e incanta con lo scorrere lento di una realtà fatta di semplicità e di adattamento alla natura. Si parte la mattina presto sulle lance a motore, lunghe e strette come una canoa, tanto veloci quanto rumorose. Una leggera foschia che si dirada e il planare degli uccelli accompagnano la nostra lancia dentro un quadro dipinto ad acquerelli. Tu non lo sai ancora, ma quello che ti aspetta è armonia con l’ambiente, è equilibrio, è come inspirare a lungo e poi trattenere il respiro per tutta la giornata per quello che si ha davanti.

 

 

Il lago Inle ha una superficie di 72 km² e al massimo raggiunge una profondità di circa 4 m. Qui si scopre un mondo parallelo che vive in simbiosi con l’acqua: perché gli Intha abitano, viaggiano, lavorano, studiano e pregano sempre sull’acqua! Un ritmo lontanissimo dal nostro e un salto indietro nel tempo di almeno 50 anni. Le case tradizionali sono palafitte che ospitano diverse famiglie con pareti intrecciate di bambù e strutture di teak. Tutti si spostano da una casa all’altra pagaiando su delle canoe piatte, dei gusci a pelo d’acqua, protetti dai loro cappelli appuntiti di bambù. Tutto sembra fermo, anche se non lo è affatto.

 

 

Quello che colpisce di più i viaggiatori di sicuro sono i pescatori Intha: stanno in piedi, con un equilibrio da circensi, sulla punta della piroga per avere le mani libere, con cui manovrano le grandi reti da pesca a cono, rigide e voluminose, e usano un piede per spingere un unico remo e governare la barca, una tecnica originale e mai vista altrove. La rete viene poi buttata sul fondo per raccogliere i pesci di lago. L’altro pezzo forte sono i meravigliosi mercati a rotazione del lago Inle.

 

 

Gli Intha hanno adottato soluzioni singolari per sopravvivere sull’acqua, come quella di creare dei giardini e orti galleggianti, realizzati con ammassi di vegetazione, alghe, giacinti che tirano su insieme al limo dal fondo del lago. E hanno sviluppato tecniche di coltura per far crescere le piante prevalentemente nell’acqua anziché nella terra. Attraversiamo un labirinto di questi isolotti galleggianti con pomodori, fagioli, cipolle, insalata, fiori. Ognuno ha il suo pezzo di orto galleggiante ancorato al fondo del lago con lunghe canne di bambù, e lo coltivano rimanendo sempre e solo sulle loro barche.

 

 

Si possono andare a vedere le lavorazioni artigianali: un opificio tessile dove filano la fibra dei gambi di loto, gli strumenti con cui ricavano filamenti sottili da tessere a mano a cui danno tinte accese, un fabbro con la forgiatura del ferro, un laboratorio dove arrotolano sigari profumati o oggetti d’argento e di legno. Ce ne sono tantissimi e ognuno permette di approfondire un piccolo spaccato di vita quotidiana birmana.

 

 

L’unico laboratorio che mi ha lasciato perplessa è quello delle donne giraffa. Mi illudevo ci fosse una piccola comunità di Padaung, la tribù di appartenenza di queste donne conosciute per gli anelli che portano intorno al collo. Invece ci troviamo in una “tristissima” palafitta-negozio di tutt’altro di fronte a due di loro, di cui una giovane e una anziana, intente a lavorare.  In questo contesto le donne giraffa sono decontestuazzate e utilizzate solo come fenomeni attira-turisti;  sorrido con un’espressione di scuse, prima scatto una foto..poi ci penso e non riesco più (segno grave). La più anziana forse intuisce e ricambia il mio sorriso. Ma che senso ha?

 

Lago Inle_donne giraffa

 

Il paesaggio e i colori cambiano a mano a mano che ci addentriamo, è un dedalo di villaggi con i percorsi sospesi nell’aria. Gli uomini lavorano negli orti o sulle barche,  le donne vanno a fare la spesa al mercato spostandosi in canoa, i bambini che si lavano e giocano con l’acqua. Il lago si restringe, a sud diventa un canale, le acque sono spesso basse e sinuose.  La vera bellezza del lago di sicuro non è il paesaggio, ma l’unicità della vita sull’acqua: c’è chi pesca, chi si lava, chi fa il bucato, chi porta i suoi bimbi in canoa, chi lavora con sacrificio, chi saluta con la mano chiunque passa, un quadro dove uomo e natura si rispettano reciprocamente.

 

 

Immagini che trasmettono pace, come se in fondo si potesse vivere solo così 🙂 Questa la grande lezione del lago Inle, sperando che si conservi intatto il più a lungo possibile (anche se qualche dubbio ce l’ho e i primi a farmelo venire sono alcuni pescatori che nelle vicinanze di Nyaung Swe, dove passano la notte buona parte dei turisti, ora si appostano per farsi fotografare a pagamento… Attività decisamente più redditizia della pesca e dell’orto.

 

lago Inle_pescatori_1

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