Proseguo la serie di micro-itinerari toscani con destinazioni ideali per questo periodo pandemico, immersi nella natura, da vivere a piedi, riscoprendo antichi percorsi intrisi di cultura e spiritualità, nascosti nei boschi, sulle alture, cammini semplici all’ombra di una saggezza antica. Lontanissimi da etichette, selfie, condivisioni, ribalte e basati solo sulla concretezza, sul sacrificio, in questi preziosi rifugi di silenzio dal turismo di massa dove rilassarsi e stare con sé stessi.
Siamo nel Casentino, descritto dai primi viaggiatori ottocenteschi come un’ “isola felice in cui sembra di essere assopiti nel valore del tempo”. Qui pellegrini, santi e monaci nelle foreste ritrovavano una sacralità fuori dal comune, che li invitava a rimanere e a costruire il loro spazio di meditazione. E in questi tempi incerti e turbolenti, fare un passo indietro e tornare all’autenticità è un vero toccasana.
Ma veniamo alle tre tappe principali, poi starà a voi decidere come raggiungerle, a piedi, in bici, in moto o auto a seconda di quanti giorni avete a disposizione e dei vostri gusti. Io le ho suddivise in tre giornate estive per godermi a piedi con calma i dintorni di ogni tappa.
Abbazia di Vallombrosa
La prima è nella riserva naturale di Vallombrosa (Pratomagno), una foresta a una trentina di km da Firenze, un luogo di ritiro e preghiera immerso tra faggi e abeti bianchi; in un silenzio irreale si trova l’abbazia benedettina fondata nel 1036, tutt’ora abitata da monaci dell’Ordine Vallombrosano. Austera, elegante, imponente, Vallombrosa è un’oasi di pace. Era l’anno Mille: in un Medioevo saturo di violenza il cavaliere Giovanni Gualberto trova l’omicida di suo fratello, è sul punto di ammazzarlo ma ferma la sua mano e lo lascia vivere; poi sceglie di fuggire verso una vita pura, tra i boschi sulle montagne, dorme nelle grotte, si nutre di radici, e presto viene raggiunto da numerosi compagni.
La comunità si crea e aumenta, fonda a Vallombrosa un primo monastero il cui ampliamento va avanti fino al XV sec., impara a coltivare la foresta e i suoi mille prodotti. Ancora oggi il monastero è attivo e molto frequentato, con un museo d’arte sacra, la biblioteca, il centro di spiritualità dove si può partecipare alla preghiera corale dei monaci, e le attività correlate tra cui le ‘camminate secondo lo Spirito‘ e i corsi di ‘yoga per pregare‘. Immancabile, infine, la Farmacia con liquori, elisir officinali, miele, confetture, tisane e dal 1973 la Foresta intorno dichiarata Riserva Biogenetica Naturale.
Per informazioni e prenotazione visitate il sito ufficiale
Dintorni dell’abbazia: il Circuito delle Cappelle
L’Abbazia di Vallombrosa è circondata di sentieri, il più classico è il Circuito delle Cappelle che tocca i luoghi di eremitaggio di San Giovanni Gualberto; si cammina su facili sentieri o su strade sterrate di montagna, in ogni momento è possibile tornare rapidamente alll’Abbazia e il percorso è adatto anche ai bambini più piccoli. Dall’ingresso dell’Abbazia si cammina verso Nord costeggiando la vasca dove i monaci allevano le trote. Qui si può decidere subito di raggiungere il Masso del Diavolo dove un monaco fu tentato dal Maligno e convinto dallo stesso a gettarsi dalla rupe.
Si torna indietro e si inizia a salire costeggiando l’Abbazia, lungo una antica strada lastricata: un cartello informa che questa è una delle vie di transito verso il Casentino, volute dal Granduca Pietro Leopoldo. Il sentiero diventa quasi subito una ripida scala, detta Scala Santa, in quanto percorsa dai penitenti; si incrociano le cappelle immerse nella foresta, il sentiero in salita arriva su uno sperone roccioso che domina meravigliosamente l’Abbazia e tutta la valle; non a caso il luogo è detto il Paradisino.
Eremo di Camaldoli
La seconda tappa è molto diversa, molto più intima, a 1100 metri di altitudine il crinale appenninico tosco romagnolo, una cattedrale naturale di abeti. Siamo nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, un cuore sinonimo di fede e spiritualità, l’Eremo di Camaldoli è fondato nel 1012 da San Romualdo, tra i più importanti eremi non solo della Toscana, ma di tutta Italia. I Monaci Camaldolesi hanno saputo dargli una forte e precisa identità, un “luogo per donare tempo alla preghiera e al silenzio. Qui potrai ascoltare meglio te stesso e cercare Dio con maggiore attenzione e intensità attraverso la scrittura, la liturgia, il silenzio, la natura, un colloquio, una lettura.”
Solitudine, silenzio, pace e bellezza questo che si trova salendo ma anche natura sovrana dove cimentarsi in passeggiate o escursioni più impegnative. Ho varcato la “porta filosofica” dell’eremo che richiama la morte: l’albero scavato, il cranio del caprone, il teschio, la pietra cimiteriale, il gufo che veglia solitario nella notte. La pietra che parla dell’Amore, che schiaccia, che distrugge il male (la pietra schiaccia le corna del caprone, uccide il diavolo, colui che divide). Il teschio è il ricordo della morte, ma non un ricordo macabro, intesa solo come momento di passaggio. Appesa all’albero la campana: simbolo dell’eremitismo.
Ho preso parte a una visita guidata, oggi è possibile visitare solo alcuni ambienti dell’antico centro medievale: la foresteria, la chiesa a navata unica, l’antica cella di San Romualdo e la sala del refettorio. Un cancello separa il cortile dalla zona riservata ai monaci che vivono in piccole celle. Intorno una corona di abeti bianchi, il simbolo di questo luogo perché salgono in una tensione naturale, la foresta per gli eremiti camaldolesi è il luogo del silenzio dove è possibile l’incontro e la relazione con Dio.
Per informazioni e prenotazione visitate il sito ufficiale
Per approfondimenti e saperne di più Bottega del monastero
Dintorni dell’eremo: il Sentiero delle Foreste Sacre
Hanno un rapporto speciale queste foreste con la spiritualità e i santi uomini che qui hanno deciso di vivere la loro esperienza cristiana. Il connubio tra natura e spiritualità è il tema del Sentiero delle Foreste Sacre che attraversa il Parco delle Foreste Casentinesi toccandone tutti i punti più significativi dal punto di vista spirituale con un sentiero lungo circa 90 km, suddivisibile in 7 tappe giornaliere . Io ne ho percorso solo il tratto finale per raggiungere il Santuario ma ognuno è libero di scegliere se percorrere tutto il sentiero o alcune tappe, di modularle sulle sue capacità e sui suoi interessi. Il tratto dall’Eremo di Camaldoli al Santuario de La Verna è di 33 km, percorribile in 10 ore di cammino tra prati, grotte, faggete, terra umida e profumo di muschio, dove ritrovare le impronte dei cervi o dei lupi e camminare senza fretta.
“L’eterno legame fra ricerca spirituale e foreste trova nelle montagne dell’Appennino toscoromagnolo una delle sue espressioni più alte e compiute. Il folto di questi boschi che per vastità e bellezza non hanno eguali in Italia ha infatti accolto da più di mille anni comunità di monaci vissute in strettissimo rapporto con l’ambiente circostante” (Mario Vianelli)
Santuario de La Verna
La terza e ultima tappa è il Santuario francescano de La Verna sull’Appennino Toscano, in provincia di Arezzo, dove sorge “…nel crudo sasso intra Tevero e Arno…” (Dante, Paradiso, canto XI) sulle pendici del Monte Penna . Visibile da tutto il Casentino e dall’alta Val Tiberina a Chiusi della Verna (mt 1283), da qualunque parte arrivi colpisce la conformazione del monte su cui é posto il Santuario: una rupe isolata che emerge dalla foresta con spigoli quasi verticali e balze rocciose, bordi cosparsi di enormi massi franati e grandi fratture che formano cavità e grotte. Sopra a questa unicità è stato costruito il complesso architettonico.
Era la primavera del 1213, Francesco d’Assisi stava attraversando la regione del Montefeltro e mentre predicava tra gli ascoltatori c’era il Conte di Chiusi in Casentino, Orlando Catani: “Ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama monte della Vernia, lo quale è molto solitario e salvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalle gente, o a chi desidera fare vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri Io ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia.”.
Nell’estate del 1224 San Francesco si ritirò sul monte della Verna per i suoi consueti periodi di silenzio e preghiera. Durante la sua permanenza chiese a Dio di poter partecipare con tutto il suo essere alla Passione di Cristo, mistero di amore e dolore. Il Signore lo ascoltò lasciandogli in dono i sigilli della sua passione, le stimmate.
Così la Verna divenne uno dei luoghi nei quali ogni anno amava passare prolungati periodi di ritiro, ancora oggi è uno dei cuori del culto francescano. Un luogo aspro, crudo, semplice e molto suggestivo, dove la geologia e la natura intorno hanno creato i presupposti per un ambiente unico, l’opera dell’uomo ha creato il resto: l’ antica Foresteria, la piccola Chiesa di S. Maria degli Angeli, la Basilica Maggiore, scrigno dei due più grandi capolavori di Andrea della Robbia, Corridoio e la Cappella delle Stigmate, nel luogo in cui San Francesco ha ricevuto i Segni della Crocifissione, il Sasso Spicco quasi sospeso nel vuoto sotto cui Francesco pregava ed il Precipizio, dove il Francesco ha avuto delle apparizioni o è stato tentato dal diavolo, il “Quadrante” con gli orologi solari.
Al di là delle credenze, qui diviene naturale abbassare la voce, ascoltare e camminare compostamente. Il selciato, la pietra ovunque, il contesto naturale, l’intreccio di storia, arte e fede, pensare che qui abbia vissuto San Francesco, visitare la sua “casa” una grotta piccola ed umida con un giaciglio di pietra, evoca sensazioni incredibili. Questo luogo è pervaso da una magia palpabile, e anche se non siete religiosi penso sia un posto meraviglioso che possa arricchire chiunque.
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Mi piace leggerti,chiudo gli occhi e vedo, tocco, sento le cose che descrivi