by Monica Nicoliello | Ott 24, 2021 | America |
Il 24 settembre è stata la Giornata mondiale del turismo: dopo quasi due anni di pandemia, restrizioni e isolamento sociale, il desiderio di tornare a viaggiare a lungo raggio è forte (anche per me). Per tornare alla normalità, per disconnettersi dalla quotidianità e finalmente partire dopo un tempo infinito a casa. Con l’avanzare delle campagne di vaccinazione e la riapertura dei Paesi, la speranza è che si possa presto ritornare a viaggiare. Di certo non come prima, nel mondo post-covid si dirà basta all’overtourism, alla standardizzazione, ai pienoni, si prevedono mete sostenibili, città più tranquille, siti UNESCO non sovraffollati, cieli meno inquinati, attività outdoor. La pandemia ci ha insegnato una lezione fondamentale: viaggiare è un privilegio, non un diritto. Ripenso ora con il sorriso alla mitica meta peruviana del Machu Picchu, sempre in vetta alle classifiche dei luoghi più belli e desiderati del pianeta. L’ho visitato lungo il Camino Real nel 2018, in una situazione oggi impensabile con mega-assembramento di turisti all’ingresso. E’ ora di parlarne, ma per capire bene le dinamiche pre e post-covid di questo sito Unesco per eccellenza, andiamo per gradi. Per quasi 400 anni, Machu Picchu è stato nascosto agli occhi del mondo a causa principalmente del suo difficile accesso. La Cittadella Inca si trova sulla cima di una ripida montagna nella parte orientale delle Ande peruviane. Nel 1911, l’esploratore americano Hiram Bingham rese noto al mondo l’importanza del sito Inca. Da allora, la sua popolarità è aumentata così come il numero di visitatori da tutto il mondo. Ma il luogo rimane difficile da accedere. Come si arriva a questa meraviglia? Attraverso un viaggio in treno attraverso i paesaggi della Valle...
by Monica Nicoliello | Gen 12, 2020 | America |
Mancano ancora 5 tappe per completare l’itinerario ciclopico di viaggio iniziato nel 2018 sul Camino Real tra Perù e Bolivia e questa tappa peruviana è stata una vera sorpresa, un quadro improvviso e immenso fatto di migliaia di terrazzamenti che sembrano acquerelli, tessuti, dipinti astratti. Il tutto in una gola a cui si arriva dall’alto con una serie di tornanti stretti e aperti sull’abisso. Salineras de Maras sono le saline più alte al mondo, nella provincia di Urabamba a 45 km dall’antica capitale Cuzco nella Valle Sacra agli Inca…. e sono uno spettacolo che incanta. Migliaia di pozze (circa 3000) occupano il versante del Cerro di Qaqawiñay, creando una specie di cascata, il paesaggio è lunare, il bianco si accavalla col rosa, l’ocra, la terra e i riflessi cambiano a seconda della luce e del sole. Scendendo, curva dopo curva, il verde della valle lascia prima spazio agli arbusti e sterpaglie, poi al rosso mattone della terra brulla ed, infine, al bianco, da lontano potresti scambiarlo per ghiaccio vista l’altitudine, ma ghiaccio non è. E’ sale. Certo siamo abituati ad associare la presenza delle saline alla presenza del mare e quassù (3380 mt sul livello del mare) non te lo aspetti di certo, invece nella montagna è contenuta una grande quantità di sale che si discioglie in un rivolo d’acqua e sgorga in cima alla valle. L’acqua salata scendendo si stanzia nelle vasche realizzate da secoli dall’uomo e il sole caldo dell’altitudine ne genera la cristallizzazione. Oggi le saline sono ancora in funzione: è l’arte millenaria dei salinari, portata avanti da circa quattrocento famiglie di Maras. La schiena ricurva, i piedi...
by Monica Nicoliello | Nov 25, 2019 | America |
Ci sono viaggi attesi a lungo, sedimentati, idealizzati. La nostra immaginazione e la nostra mente ha costruito aspettative sulla meta, è difficile porsi un freno, l’attesa è bellissima e nutre la carica emotiva rendendo sempre più desiderato l’obiettivo finale. Non possiamo farne a meno, è una modlità di lettura dei luoghi che andremo ad esplorare fatta solo di fantasia, aspirazioni e desideri. E fin qui tutto bene. Il rischio quale è? Quello di inciampare nell’altra faccia della medaglia, la delusione dell’aspettativa, che ti trasporta diretta a terra con un dolmen tra le mani. Un pò meno bene, diciamo. Però ogni viaggio è una sintesi di quello che capita nella vita di tutti i giorni. E la “fregatura”, ammettiamolo, prima o poi capita sempre, l’amarezza sarà tanto intensa quanto l’energia che abbiamo dedicato ad immaginare qualcosa che poi si è rivelato diverso. E’ un rischio da mettere sempre in conto, prima di ogni partenza. Premesso questo arriviamo al viaggio a Cuba e andiamo con ordine, ho aspettato qualche mese per parlarne ed esprimere le mie perplessità. Diverse persone mi hanno chiesto entusiaste le impressioni avute, forse immaginando solo esotismo, case coloniali, rum, sigari, macchine anni ‘50, sorrisi, spiagge e tanta salsa. Mi sono sentita una voce fuori dal coro, meglio metabolizzare prima e poi dare agli altri qualche consiglio utile prima di avventurarsi nella Isla Grande. Le premesse E’ stato un itinerario di 16 gg ad anello, volo MXP-Madrid-L’Havana a/r, quindi metto le mani avanti e ammetto i limiti temporali di questa esperienza, parlo da viaggiatrice-turista-blogger che visitava per la prima volta il paese, provando ad “annusarlo”, e oggi ne riporta le...
by Monica Nicoliello | Lug 27, 2019 | America |
Il tour di tre giorni in jeep, dopo le tappe al Salar de Uyuni e all’ Isla Inchauasi, avamposti di altre solitudini, prosegue verso uno degli angoli più desolati e più spettacolari della Bolivia: la Reserva Nacional de fauna andina Edoardo Avaroa, un ecosistema incredibile ai confini con Cile e Argentina. Lo ammetto, di tutto il Camino Real, gli altopiani boliviani mi hanno davvero impressionato. Perchè è vero che la Bolivia detiene molti record, positivi e non: é lo stato più povero del sud America, vanta una delle città più alte del mondo ( Potosì 4090 m slm), il deserto di sale più grande del pianeta, il lago più alto della terra (Titicaca 3812m slm), il clima più freddo di tutto il continente latino dove la notte si arriva facilmente a meno 20°. Ma non è certo solo questo. Fanno impressione la tavolozza di colori primari, l’assenza di presenza umana a parte quelle microscopiche jeep coi bagagli legati sopra che dietro sollevano scie altissime di polvere terrosa, il paesaggio di sterminate pampe, deserti, vulcani e rocce bizzare, lagune, vigogne e fenicotteri rosa. E’ l’intensità di tanta bellezza che impressiona e non si dimentica. Le tappe del tour più o meno sono standard e hanno tanti nomi: mirador vulcano Ollague laguna Cañapa laguna Edihonda laguna Honda e Chiarkota arbol de piedra deserto di Dalì laguna Colorada geyser Sol de Mañana vulcano Licancabur laguna Verde laguna Blanca Eppure, dopo un po’, non leggo più neanche la guida, non mi interessano i nomi o i dettagli di quello che incontro, divento anch’io smeraldo, rosa, blu, rosso, ocra, divento quella concentrazione di piombo, zolfo, arsenico e carbonato di...
by Monica Nicoliello | Lug 14, 2019 | America |
Mi piace parlare delle curiosità in giro per il mondo e di sicuro Isla Incahuasi, la casa degli Inca in quechua lo è: un lembo di terra piccolissimo ricoperto da oltre 5000 cactus e con una visuale privilegiata per ammirare a 360° il panorama del Salar de Uyuni. Un vero eremo di libertà, una Babele rocciosa nel bianco abbagliante, dove non te lo aspetteresti mai perchè pensi che nulla di vitale possa sopravvivere qui… invece tac … spunta qualcosa di inaspettato da non credere. E’ un isolotto di sedimenti calcarei marini e vulcanici, il terreno è sufficientemente fertile da permettere la crescita di grandi cactus centenari, piante erbacee e licheni. Il risultato è uno scenario mai visto, l’ideale è goderselo all’alba e al tramonto, quando la luce radente, il silenzio, il rumore solo dei passi sul sentiero e l’immensità del Salar intorno creano una vera magia. Per raggiungerlo basta tapparsi il naso e far finta di non sentire l’alito dell’autista Javier che biascica come un criceto foglie di coca con nonchalance, per loro è un’abitudine quotidiana. La jeep 4×4 dopo km di sale e acqua, senza vegetazione, ci lascia di fronte all’unica oasi di vita, la spinosa Isla Incahuasi. I cactus (Echinopsis atacamensis), tutti rivolti come guardiani fieri e silenziosi verso il sole, in generale si sviluppano secondo le specie da pochi centimetri sino ad un metro per anno, danno 50/60 frutti l’anno fra Febbraio e Aprile, anche se ora, per la diminuzione delle piogge, pare se ne raccolgano molti meno. Sono giganti fragili e non è raro trovarli demoliti dal forte vento, attaccati da parassiti o lacerati dai visitatori. Seguo il sentiero verso la sommità...
by Monica Nicoliello | Lug 5, 2019 | America |
Ogni viaggiatore cova per anni dentro delle mete per lui simboliche, dei “prima o poi ci andrò”, dei luoghi da vedere prima di morire. Dei fermo immagine della mente in cui il desiderio di solito si fa sospiro e pochissime volte diventa realtà. E il Salar de Uyuni in Bolivia non può che essere uno di questi. Perchè è purezza assoluta a perdita d’occhio, è silenzio imperante, è orizzonte che si perde ovunque ti giri, è il pù grande deserto di sale sulla faccia della Terra. Qui l’uomo è un dettaglio, è nulla, è preda di effetti ottici, di giochi naturali, di colori intensissimi, di venti sferzanti, di temperature gelide, di assenza totale di agi, in un paesaggio surreale e unico al mondo. E’ un mare bianco a 4000 mt di oltre 12.000 km quadrati. Un luogo dove riconnettersi con la Terra, una terra meravigliosa nella sua asprezza e nella sua bizzarria, perchè basta una notte di pioggia (se capitate come me nella nostra estate, cioè la stagione invernale secca boliviana dovrete sperare nel meteo, altrimenti durante la stagione delle piogge lo spettacolo dei riflessi è garantito) per regalarvi degli specchi dove diventa impossibile distinguere il confine tra cielo e terra, grazie ad un sottile velo di acqua sulla suferficie del Salar. L’orientamento si perde, solo i locali sono in grado di passare indenni qui dentro, evitarne i pericoli e rispettare i tempi tra le distese accecanti di sale, i vulcani, i canyon, le lagune selvagge… perchè il Salar de Uyuni è solo l’inizio di una tre giorni in 4×4 memorabile. Scendo dalla jeep tra un rivolo e l’altro, mi...